IL ROMANISTA Lo vedi, lo senti, a Roma c’è Marino

Ignazio Marino

(C.Fotia) Incontro il sindaco di Roma Ignazio Marino, per parlare con lui a tutto campo: derby, nuovo stadio, olimpiadi. Marino non è un ipocrita e non nasconde le sue simpatie romaniste, ma questa volta, giustamente, fa il tifo per la città, per un giorno che sia solo festa. Ci racconta le sue speranze e il lungo viaggio che potrebbe portare Roma a ospitare le Olimpiadi del 2024. Si prepara a questa lunghissima corsa pedalando, inforcando la sua bici per andare in periferia, a Torpignattara. Domenica prossima si gioca il derby

«Io chiedo sopratutto ai tifosi di entrambe le squadre di aiutare tutta la città a godere di una giornata di gioia, di festa di partecipazione, di entusiasmo per uno sporto che coinvolge in maniera così forte una grandissima parte delle romane e dei romani e isolare e tenere lontani tutti coloro che vorrebbero trasformare una giornata di festa in una giornata di dolore per violenze fisiche o verbali. Dobbiamo evitarlo di ogni modo e dobbiamo dimostrare, da romane e da romani, senza per questo voler togliere nulla al prezioso lavoro delle forze dell’ordine che siamo in gradi assumere da soli un atteggiamento civico e positivo. Io ci conto! Conto sulle romane e sui romani».

Rapporto con i laziali

«Spero di essere riconosciuto come il sindaco di tutte e di tutti. Lunedì sera al processo del Lunedì ho volutamente indossato una sciarpa che portava i colori di entrambe le squadre». Però proprio sul Romanista hai “confessato” la tua fede giallorossa. «Premetto che io non mi reputo un grande esperto di calcio: ho giocato a pallone per strada quando ero ragazzino, ma non sono certo un grande conoscitore. Proprio a voi ho spiegato com’è nata òa mia simpatia per la Roma. Conosco la Roma più della Lazio per via del mio più grande amico Guido, che è davvero un romanista doc, conosce a memoria date, formazioni, partite. Con lui abbiamo fatto insieme il liceo, l’università e abbiamo cominciato a lavorare nella stessa struttura universitaria. Con lui era chiaro che quando giocava la Roma si fermava tutto e insieme a lui ho imparato a conoscere tanti giocatori, a vivere momenti emozionanti e momenti di sconforto. In questo momento però ciò che mi sta più a cuore è condividere un momento di gioia con tutti i tifosi della Roma e della Lazio. Mi appello al popolo dei tifosi affinchè episodi come quelli che hanno portato alla squalifica delle curve della Roma e della Lazio non si ripetano più. Roma dev’essere un esempio positivo per le altre città italiane»

Che cosa può un sindaco, cosa può fare la politica per cambiare certi comportamenti. I violenti e i razzisti sono ormai una infima minoranza, lo dimostra anche una ricerca pubblicata di recente da Il Romanista, ma cosa si può fare per diffondere un’idea del calcio come passione popolare e pacifica che è in fondo l’unico vero antidoto alla violenza?

«La classe dirigente della nostra città e del nostro paese può fare moltissimo. Negli ultimi mesi purtroppo abbiamo invece visto comportamenti assolutamente negativi, come gli insulti beceri e inaccettabili al ministro Kjenge che venivano da politici. È chiaro che se la classe dirigente del paese dà come esempio l’insulto verso un ministro che una colore della pelle diverso da chi lancia l’insulto, ciò certamente non spinge verso comportamenti positivi. La politica dovrebbe invece spiegare che ogni forma di razzismo è da allontanare. Tra l’altro, e lo dico da uomo di scienza, viviamo in un’epoca in cui molti scienziati, tra cui l’italiano Luca Cavalli Sforza, hanno dimostrato che è inappropriato usare per l’uomo il termine “razze umane” perché c’è solo “una razza umana”, le differenti caratteristiche somatiche sono solo residuali differenze nel nostro Dna: insomma, siamo davvero tutti uguali. L’altro comportamento inaccettabile è il clima di rissa continua che si vive in certe trasmissioni televisive, dove l’obiettivo è solo prevaricare l’altro. Penso al clima di rispetto che si respirava negli anni settanta, nei quali malgrado grandi contrapposizioni ideologiche poi si realizzavano grandi riforme, penso all’abolizione dei manicomi, alla legge sull’aborto. I leader allora si chiamavano Aldo Moro e Enrico Berlinguer: che differenza con gli attuali urlatori negli studi televisivi! È chiaro che gli esempi influenzano il comportamento della gente, anche quando va allo stadio».

Un ricordo di un derby.

«Capisco che infliggo un dolore a tutti i romanisti, ma non posso ovviamente dimenticare che il 26 maggio si votava per il primo turno delle elezioni comunali nelle quali ero candidato a sindaco. Era un giorno di silenzio elettorale che vissi diviso tra il timore di incidenti che turbassero la città e la tensione per il risultato elettorale. Però, se voglio andare a ricordi più allegri, posso pensare alla cinquina dei derby vinti di fila dalla Roma!»

A che punto siamo sullo stadio.

«Non ho ancora incontrato nessuno, nessuno mi ha comunicato dei progetti concreti, ma penso che questo avverrà nelle prossime settimane. Penso che come in altre città del mondo non ci sia nulla di negativo nell’ambizione di avere uno stadio di proprietà di un club. Per Roma può essere un fatto molto positivo, a condizione che si governi bene questo processo sotto il coordinamento dell’amministrazione comunale perché non si tratta solo di costruire uno stadio, ma di integrazione dello stadio in un quartiere e di inserimento in un più ampio disegno di viabilità e mobilità urbana. Non possiamo imporre a un quartiere uno stadio che ne rende la vita impossibile se prima non abbiamo ben studiato la questione della mobilità. Lo dico perché la nostra città ha una storia che è quella di costruire degli insediamenti urbani e di preoccuparsi solo 35 anni dopo delle strutture e dei servizi. Questa volta ci occuperemo contemporaneamente di tutte le questioni».

Signor Sindaco Lei ha candidato Roma alle Olimpiadi del 2024. Ci crede davvero?

«Penso a un respiro lungo per questa città. Ricordiamoci che una bambina su due nata nel 2013 vivrà fino a cento anni, dobbiamo dunque pensare allo sport, al benessere, alla qualità della vita in una dimensione del tutto nuova. Per questo abbiamo bisogno di grandi ambizioni. Ospitare le Olimpiadi del 2024 darebbe a Roma una straordinaria dimensione internazionale e la possibilità di sviluppare progetti e opere che possano creare nuove condizioni di lavoro di cui la nostra città, con il 40% di giovani disoccupati, ha estremo bisogno».

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