GAZZETTA DELLO SPORT Coppa ingrata. Lazio senza fame Roma più cattiva

Roma-Lazio

(M.Calabresi) Viva la sincerità, quella di Walter Sabatini e Giuseppe Biava. Nel giro di un’ora fanno il ritratto di due squadre e di una città, che neanche sedendosi ai banchetti di Piazza Navona verrebbe più verosimile. È sempre 26 maggio, sì, ma ci sono due modi per viverne le conseguenze. E il d.s. romanista, ieri, ha vuotato il sacco, ammettendo come il mercato sia stato condizionato da quella partita: «La squadra era in crescita, e la vittoria in Coppa ci avrebbe dato la possibilità di rischiare». Wallace sarebbe stato il rischio, Maicon la certezza.

INSTANT TEAM  Uno che «quando si incazza non fa lo stesso effetto di qualche giocatore che era qui l’anno scorso»: ma si incazzano anche De Sanctis, Benatia e pure Strootman, che a differenza di tanti ventenni passati negli ultimi due anni non fa l’agnellino, ma quando serve si fa sentire eccome. Effetti di una Roma che non è rimasta a piangere sulle case scoperchiate dallo tsunami, ma ha pensato subito alla ricostruzione, pur avendo avuto tanto bisogno di tanti aiuti (cessioni). E se per un anno l’età media non sarà la più bassa della Serie A, chissenefrega, hanno pensato a Trigoria.

PIU’ FAME Che la Coppa Italia rimanesse nella testa dei tifosi laziali per tanto tempo, invece, era prevedibile; meno che succedesse lo stesso in quella dei giocatori, anche loro inghiottiti dai festeggiamenti e convinti di avere un alibi vitalizio. Ha vuotato il sacco pure Giuseppe Biava: «Forse quella vittoria ci ha tolto la cattiveria che ci vuole in questi momenti. Il nostro è stato un problema di testa». Ma forse non solo di quella: se il 26 maggio fosse finita diversamente, Vinicius, Perea, Novaretti & Co. non sarebbero stati i rischi che invece si sarebbe voluto prendere Sabatini, amante dell’utopia calcistica. La Coppa Italia è stata fumo sui problemi che la Lazio aveva e ha ancora, un termometro tarato su un mercato che domani, contro il Chievo, sarà tutto in panchina o in tribuna. E chissà se Petkovic, persa la finale, sarebbe ancora al suo posto, viste le ultime sparate di Lotito.

ALTRO DERBY La fortuna dei laziali è che al prossimo derby manchi solo una settimana, ed è proprio su questo che il d.s. Tare ha insistito in questi giorni nei lunghi e preoccupati colloqui con la squadra e con Petkovic. «Il derby dovrà essere il trampolino di lancio della nostra stagione», il messaggio ripetuto come un disco rotto. Aveva provato a lanciare lo stesso messaggio anche il tecnico ad Auronzo («la festa è finita a Piazza San Silvestro»), senza sapere che sarebbero servite le due batoste con la Juve per far scattare la molla del cambio di rotta.

 

TIFO  L’ambiente, in questo senso, ha la sua rilevanza: il trionfo doveva avere un altro impatto sui laziali, già incolonnati sulla Roma-Fiumicino per andare ad accogliere Yilmaz, poi rimasti delusi. Dopo un’estate di sfottò aerei e goliardia (non di corsa all’abbonamento, visto che il dato è migliorato ma non di quanto ci si aspettasse), invece, per domani è già pronta la contestazione, non alla squadra ma a Lotito.

Nei romanisti, questo il paradosso, la rabbia è svanita: tra chi l’abbonamento lo aveva già fatto in Primavera e chi si è fidato – in 30 mila si sono goduti l’Open Day – hanno ammortizzato le cessioni eccellenti e si preparano alla vendetta. Quattro mesi dopo una partita che sembra aver dato più benefici ai vinti che ai vincitori, vittime loro stessi della coppa in faccia.

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