CONFERENZA STAMPA Sabatini: “Nessuno mi ha obbligato a cedere Lamela. Siamo sicuri di aver costruito una squadra competitiva. La finale di Coppa Italia ci ha smascherato e denunciati come inadeguati rispetto a una cosa così importante” (FOTO, AUDIO e VIDEO)

Walter Sabatini

Come annunciato tramite il profilo ufficiale Twitter nella giornata di martedì dalla As Roma,  tra poco il ds giallorosso Walter Sabatini terrà una conferenza stampa nella nuova sala del Centro Tecnico Fulvio Bernardini a Trigoria. Il dirigente risponderà alle domande dei cronisti per chiarire il suo futuro all’interno della società e alcuni aspetti legati al mercato estivo della Roma.

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Il mercato della Roma è stato difficile viste le cessioni importanti come Lamela?

“Nessuno mi ha obbligato a vendere Lamela. È stato un mercato duro, venuto dopo il 26 maggio in una dimensione psicologica compromessa. Abbiamo dovuto raccogliere quel che restava di noi e cercare di ricostruire.  Siamo però sicuri di aver costruito una squadra competitiva. Avevamo fatto lo stesso anche nella stagioni scorse: sono in buonafede. Alcune esternazioni fatte da voi (giornalisti, ndr) sono state apprese e percepite. Sono state fatte scelte diverse da quelle che sarebbero state fatte in un’altra circostanza”.

Lei disse che un allenatore che non mette in campo Lamela non capisce molto di calcio. Cosa pensa di una società che vende Lamela?

“Questo calcio è un calcio dinamico perchè tutti i giorni propone sollecitazione e circostanze imprevedibili. Abbiamo fatto le nostre riflessioni costantemente. Non avevamo nessuna intenzione di cedere Lamela, ma sono intervenuti poi fattori nuovi e abbiamo preso in considerazione questa eventualità non a cuor leggere. Nel momento in cui abbiamo preso la decisione di cederlo erano cambiati gli scenari intorno a lui, anche a causa di un intervento esterno di un’altra società che gli ha fatto un’offerta ragguardevole che non avremmo voluto e potuto pareggiare. Non potevamo non tenere presente lo stato d’animo del giocatore, sarebbe stato difficile rinegoziare un contratto a quelle condizioni. È stato un fattore nuovo, imprevisto, che si è concretizzato in un certo momento e che ha cambiato non la testa di Lamela ma i desideri di un gruppo di persone intorno a lui. Piuttosto che fare una battaglia, abbiamo deciso di accettare un’offerta. Mesi prima avremmo venduto il calciatore a una cifra maggiore. È stata una scelta”.

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La Roma era teoricamente competitiva anche nelle ultime due stagione. Ritiene di aver creato una squadra più forte rispetto allo scorso anno?

“Questa è una Roma forte, molto diversa da quella dell’anno scorso. L’anno scorso abbiamo pensato che il talento bastasse da solo per imprimere una strada, un percorso da fare e farlo in modo brillante, perché di talento ce n’era molto. Abbiamo dovuto guardare al fatto che non si concretizzava niente di importante, che la squadra sarebbe decollata e avrebbe potuto produrre un risultato consono ai pensieri della gente e che non ci siamo riusciti e siamo tornati a cambiare ancora”.

Ha rinnovato il contratto prima della finale di Coppa Italia. Un’assicurazione o un modo per rivendicare il suo modus operandi?

“E’ nel mio modo di essere firmare contratti annuali e lasciare la proprietà libera di decidere. Mi sembra un modo corretto di lavorare . Non so se sarebbe cambiato qualcosa non firmare quel contratto, ma era tutto previsto”.

Due anni fa disse che la proprietà l’aveva scelta per il progetto giovani. Ha mai pensato di non essere compatibile con la nuova Roma che sta nascendo?

“Ci ho pensato, ma non ravviso nelle scelte una dismissione di un impegno e di un’idea. Sono entrati ragazzi esperti, giovani e di età media. Non c’è stata una scelta netta, siamo ancora noi. Ci sono giovani come Destro, Romagnoli e Florenzi. Non la vedo come una distruzione di ciò che è stato fatto, abbiamo cercato di mettere in squadra caratteristiche precise. La personalità, il carisma, la forza di imporsi e di vincere le partite. Credo che si stia creando una diversa dinamica interna, c’è una reazione forte tra i nuovi e i vecchi e questo serve molto. Se prendiamo Maicon sappiamo che entrando nello spogliatoio e uscendone per entrare in campo, in qualche misura incute timore ad avversari e compagni. Volevamo gente abituata a vincere”.

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Quanto ha influito l’addio di Baldini? Come ha vissuto il fatto che il Tottenham abbia preso giocatori trattati dalla Roma?

“Non è un ratto, Franco si è comportato bene. Ha trattato e si è inserito solo per quei calciatori che la Roma ha lasciato liberi. Non ho provato alcun senso di fastidio, abbiamo fatto cose giuste e leali, che due professionisti possono fare. Mi sento più libero di lavorare senza Baldini, grande amico col quale ho condiviso decisioni e sopportato altre. Mi sento libero solo quando sono da solo e con la gente attorno a distanza ragguardevole. A tavola non voglio la destra occupata. Questo non riguarda il Baldini essere umano, persona magnifica e mio amico, ma se faccio le cose con lui le faccio con tempi e modi sbagliati. Lui sicuramente gode della mia assenza, l’ho trovato rigenerato al Tottenham”.

L’anno prossimo dove troverete le risorse per fare mercato? Cosa risponde a chi sostiene che la Roma quest’anno ha una squadra più pronta ma ha venduto il futuro?

“Ha venduto un brandello di futuro, ma non il futuro. Quello è solidamente a Trigoria. Abbiamo molto patrimonio, con calciatori come Pjanic, Destro, Florenzi, auspicabilmente Jedvaj e Romagnoli, da Strootman, che non abbiamo preso a parametro zero con una commissioncina ma con un investimento importante. Mi permetto di dire anche Dodò, ci credo solo io, ma ci credo fortemente e vi convincerò strada facendo. Alla fine della stagione celebreremo Mattia Destro, che è un giocatore fortissimo con un problema che stiamo valutando tutti insieme, ma che tra due mesi sarà pronto a giocare. Al di là del suo valore che voi conoscete, perché non vi devo raccontare io degli undici gol fatti in quelle condizioni in circa venti partite, bottino da grande attaccante. Qualcuno però mi può spiegare perché un ragazzo forte e ben voluto si deve trovare su un giornale con una progressione di degrado. Sono due foto venute una bene e una male, che producono un effetto strano che per fortuna non è verità. Destro è un giocatore da Roma, da trattare con particolare attenzione. Lavora 10 ore al giorno per tornare ai livelli che gli competono”.

Le risorse?

“Dipenderanno dai risultati della squadra. Se la domanda è finalizzata a capire se la Roma è già società venditrice, assimilabile ad altre squadre come l’Udinese, la risposta è no. Lavoreremo sempre per un obiettivo, per ora mancato, di rendere la squadra competitiva. Questo non significa che non si accederà a questa nicchia di mercato che ci consiglierà, ad esempio, di vendere Pjanic prendendo un giocatore bravo come lui che costi meno. In tutto questo concorre anche il controllo del monte salari, dobbiamo guardarlo perché è un problema che esiste. La Roma cercherà di adattarsi. Lamela è stato messo in vendita quando la Roma ha capito di poter acquisire un pari talento a condizioni vantaggiose. La Roma ha venduto Lamela e contestualmente preso Ljajic. È una dismissione tecnica, non economica”.

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Può rispiegare il passaggio su Pjanic?

“Ho citato Pjanic tra questi, non ho detto che lo venderò. Con Pjanic dobbiamo sistemare beghe contrattuali, ho citato lui perché è ben visto dal calcio internazionale. Vedo che non sono riuscito a rassicurare. Nonostante le cessioni eccellenti, abbiamo fatto delle scelte con alcuni giocatori sapendo che ne abbiamo degli altri. Con questo non dico che quelli forti verranno ceduti a gennaio perché non sarà così. Il mister lavora perché sa di avere una squadra competitiva, è molto contento di quel che ha in mano”.

L’ingaggio di Garcia è una sua rivincita?

“È una mia scelta, fatta dopo aver scandagliato il mercato degli allenatori in lungo e in largo. Ha ritmo, idee e attenzione per portarle avanti senza invadere territori altrui. Quando gli ho chiesto che rapporto avesse intenzione di intraprendere con la squadra, mi ha guardato con gli occhi sbarrati ritenendola una domanda impropria e mi ha risposto dicendo che ama la sua squadra. Non è patetico né retorico, ha detto questo perché un grande allenatore deve avere questo sentimento per la sua squadra, per poterla aiutare e capire. Segue i calciatori con un’attenzione eccessiva, sa come deve fare con loro, cosa gli deve dire, quanti soldi gli deve togliere quando sbagliano, quali giochi costruire per alimentare una competitività interna, sa come parlare con un ragazzo. È molto bravo”.

L’obiettivo minimo della stagione?

“Sono costretto a dire una cosa che mi condannerà. Penso che la squadra abbia risorse per gareggiare per le prime posizioni. La Roma deve perseguire l’idea della Champions League. Non le dico per le due partitelle che abbiamo giocato e vinto, vedo i calciatori e quanto sono cambiate le dinamiche interne. So che se entra un Maicon arrabbiato non è la stessa cosa di un giocatore dell’anno scorso. Facendo il lavoro che faccio, devo tirare in ballo i giocatori e non mi sembra tanto carino. L’effetto è diverso, così come è diverso se un giocatore come Strootman, leader di una nazionale complessa, sa quando stare in silenzio. Ha le sue certezze e le trasferisce in campo. Lui sa dove deve essere, qual è la sua azione di collagene per la squadra. Sarà una squadra che competerà per la Champions League”.

Il rinnovo è anche una via di fuga per poter andare via?

“Ho sempre fatto così. Ho sempre chiesto di fare un anno di contratto, mi pare una cosa equa. Si lavora un anno, poi le aziende fanno le considerazioni. Se il lavoro viene considerato non adeguato, le società si possono liberare. Mi dà un senso di libertà. Ci deve essere un rapporto molto chiaro. C’è un anno di contratto che mi porto avanti fino al 30 giugno, poi l’azienda deciderà. Non ho questo tipo di paura”.

È soddisfatto di quello che ha fatto? Le entrate hanno compensato le uscite?

“Sui numeri c’è un numero positivo, tra dare e avere. Dopo mi è successo che gli stipendi sono andati un po’ su, quindi sono numeri parziali. C’è un saldo positivo di mercato, ci sono state operazioni pirotecniche, spettacolari qualcuno le ha definite. Siamo tutti troppo tristi per celebrare, io lo sono. Ma se prendi un ragazzo a 4,5 milioni e lo vendi a 31 devi stappare una bottiglia di spumante. Questo non cambia il mio stato d’animo che è di piombo per tutta una serie di motivi. C’è una forbice attiva tra i giocatori usciti e entrati, c’è una complicazione riguardante il monte salari, volevamo scendere e siamo saliti”.

Cosa è successo l’ultimo giorno di mercato?

“La Roma sarebbe stata incompleta dando via Borriello e non prendendone un’altra. Considero Borriello un ottimo calciatore, il problema è che lui voleva cercare fortuna al Genoa, dove aveva la maglia garantita. Avrei voluto portare Quagliarella alla Roma, con Borriello al Genoa e Gilardino alla Juventus, ma la cosa non è andata in porto. La Roma non è incompleta. L’allenatore gioca con tre punte mobili, tre attaccanti che attaccano la porta e tirano, per fortuna. Quando Borriello giocherà ci darà un contributo importante”.

Ci può spiegare la sua reazione dopo il gol di De Rossi a Livorno?

“Ringraziavo il dio del calcio. So che qualcuno ha detto che ero dispiaciuto perchè stavo per cedere Daniele non è vero, sono troppo preso dal risultato. Non penso mai alla fortuna di una cessione. Quando Daniele, che so essere in sofferenza, fa un gol così, dico che per fortuna il dio del calcio è tornato. Io vivo le partite”.

Sembra esserci stato un cambio di filosofia negli acquisti. È così?

“La scorsa stagione abbiamo fatto un buon recupero con Andreazzoli, con segnali di crescita del gruppo. Poi ci siamo trovati di fronte alla finale di Coppa Italia, che ci ha smascherati e denunciati come inadeguati rispetto a una cosa così importante. Abbiamo capito che ci voleva gente che ha già vissuto certe esperienze, che riuscisse a fruttare un certo tipo di partite. Altrimenti al posto di Maicon, secondo quel che penso io avrei preso Wallace. Fortunatamente sono stato costretto a prendere Maicon col quale abbiamo fatto un patto d’onore riguardante comportamenti e la volontà di proporre per la Roma tutto quello che avrà da spendere”.

Che ruolo ha avuto Franco Baldini nel mercato della Roma? Se non ci fosse stato Baldini al Tottenham, Lamela sarebbe stato ceduto e alle stesse cifre?

“Sarebbe stato ceduto, ma non escluderei il Tottenham perché Lamela era ben visto dal presidente Levy. Baldini ha fatto una scelta  ondivisa col presidente e l’allenatore rendendo più agevole la trattativa, ma noi l’abbiamo messo in vendita molto in ritardo. I presupposti per vendere Lamela si sono concretizzati dopo. Quando non c’erano i presupposti, sarebbe potuto uscire a un prezzo più alto”.

Ci spiega cosa è cambiato tra la famosa telefonata intercettata e il giorno in cui Lamela viene venduto?

“E’ stata una vergogna per chi l’ha proposta, ma non la ricordo bene”.

Si parlava di cedere Osvaldo, ceduto e Marquinhos, ceduto. In linea teorica, dopo la vendita dei due la campagna cessioni era arrivata a dama, poi si è aggiunta la cessione di Lamela. Cosa è cambiato?

“È cambiata una cosa che può sembrare marginale, ma non lo è. Lamela è stato aggredito da una società italiana che gli ha fatto una proposta faraonica.Un salario di 3,5 milioni netti per 5 anni e 2 milioni di commissioni al padre. Quando questo è successo, noi abbiamo perso il giocatore. Quando è successo ho parlato con Lamela dicendogli che la Roma avrebbe potuto aumentargli di poco lo stipendio e poi alzarlo alla fine dell’anno per gli anni successivi. Lui non era molto contento e vedevo nel lavoro che faceva uno stato di disagio. Lamela si impegnava ma lo vedevo spento. Ho pensato di non poterlo recuperare più dentro la nostra struttura, allora ho messo in piedi una cosa che non avrei fatto. Nessun giocatore infelice o che non ha sistemato le sue situazioni contrattuali scende in campo con la testa giusta. Questa è stata la causa scatenante”.

Sarà sempre così? La Roma non potrà mai permettersi un giocatore come Lamela nel momento in cui chiede un adeguamento?

“Non sarà sempre così, ma la Roma deve avere una linea di stipendi e l’abbiamo già sforata. Quando sono venuto il primo anno ho trovato 95 milioni di monte salario di calciatori e staff, siamo andati sotto di 7-8. Il secondo anno siamo andati ancora sotto, quest’anno siamo tornati un po’ sopra. Non è che la Roma non sarà in grado di proteggere i suoi calciatori, ma ha chiaro il percorso da fare. La Roma ha una perdita di 30 milioni l’anno. Non butteremo via tutti i calciatori per ripianare i conti. Quest’anno abbiamo fatto delle cose, ma ci sono calciatori residui che possono rappresentare un patrimonio. L’azienda inoltre dovrà affrontare il problema dello stadio e la proprietà impone i conti a posto”.

Si può creare una squadra competitiva senza avere gli ingaggi dei grandi club europei?

“Penso di si, bisogna entrare in dei minicicli ed essere fortunati. La situazione di disparità è enorme, non la nascondo. Ma non dobbiamo aver paura possiamo riuscirci”.

Ha detto che nessuno l’ha obbligata a vendere, ma ha detto che non avrebbe preso Maicon ma Wallace. Vedendola oggi, lei è convinto che questa sia la Roma di Sabatini o no?

“Nessuno mi ha obbligato a vendere, la proprietà mi ha dato un numero e io mi sono mosso di conseguenza. E’ stato un atto di grande fiducia da parte della società. Ma io ho detto che non avrei preso Maicon perchè la vittoria nel derby ci avrebbe dato la possibilità di pensare di rischiare ancora sul punto di vista tecnico. Quella sconfitta ci ha imposto di cambiare. Quando uno deve cambiare non è che ne gode, ma lo fa. Abbiamo fatto scelte diverse e corretto delle cose. Questa squadra deve riscattare l’ansia e la tristezza di tutti noi e ha cominciato a farlo”.

Il mercato si è aperto con l’idea Allegri e si è chiuso con la possibile cessione di Borriello. Mi sembra che le idee fossero diverse, ha dovuto rivedere i piani?

“Non abbiamo cominciato con Allegri, ma con un gruppo di allenatori che abbiamo sentito per arrivare a Garcia. Il problema di Borriello è diverso, voleva allontanarsi per giocare di più. Non siamo riusciti a piazzarlo, ma è un giocatore utlie”.

Diceva che era un problema?

“Continua ad essere un problema perchè è un grande giocatore che però non trova la sua dimensione a Roma. Se fosse stato un asino non sarebbe stato un problema. Ha chiesto di limare il suo ingaggio nei confronti della piazza: vuole riscattarsi”.

Senza Champions la Roma sarà costretta a vendere? La clausola sul contratto di Ljajic esiste?

“Su quei 30 milioni, o dovremo vendere oppure la società risanerà. Su Ljajic la clausola c’è, ma è importante e sarà difficile per tutti raggiungerla, non è di 15 milioni”.

Jedvaj? (Risponde Antonio Tempestilli)

“E’ solo una questione burocatica, l’unico problema che abbiamo avuto è stata la decisone sulla scuola del ragazzo e abbiamo trasmesso i documenti alla Fifa con un pò di ritardo. Vi confermo che Jedvaj sarà a disposizione per il Parma”.

Quanto invece è stato un problema Osvaldo?

“Spiace che le cose siano degenerate, poteva avere un feeling particolare con il pubblico. Si è messo dentro un tunnel dal quale non usciva più, ma sappiamo che è un ragazzo in gamba, ha fatto 28 gol nella Roma. Speriamo lo faccia anche nel Southampton, abbiamo qualche bonus da riscuotere (ride, ndr)”.

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