(M. Evangelisti) – Due cose potevano accadere alla Roma sabato notte contro il Chelsea: perdere appena appena o venire travolta. Entrambe le prospettive preoccupavano nella stessa misura il tecnico Rudi Garcia. Incassare un mucchio di gol sarebbe equivalso ad ammettere che tutto il lavoro riversato sul campo nell’ultimo mese, sopportazione e sudore compresi, non fosse servito a nulla. Finire sconfitti dignitosamente e lealmente, com’è accaduto, potrebbe avere profonde ripercussioni sulla stabilità morale dei giocatori. Garcia ha imparato a conoscerli in questi pochi ma non pochi giorni di convivenza e ha capito che la distanza tra entusiasmo e depressione qui è più sottile di un crine di cavallo. Eppure dall’America il tecnico si è allontanato arrabbiato, non mugugnante. Ha visto la Roma giocare. L’ha vista persino reagire al gol di Lampard, incassato al termine di molti minuti di non possesso palla. Blackman ha violato la legge alzandosi al di sopra del Campidoglio, altrimenti Osvaldo avrebbe riportato i suoi avanti.
Sin qui la Roma in amichevole ha impiegato dieci minuti per mettersi in moto. Forse è una versione miniaturizzata dei famosi avvii lenti delle squadre di Garcia in classifica. Più probabilmente hanno pesato l’atmosfera leggera delle partite precedenti e un certo timore reverenziale nei confronti del Chelsea sabato sera. Quando si parte però il treno corre su binari sicuri. Anche a Washington un centrocampo colpito dai malanni di De Rossi e Pjanic non è affatto affondato. Al massimo ha avuto qualche difficoltà in più a disegnare gli scambi stretti e veloci che poi liberano gli esterni.
Maicon ha conquistato la sua fascia muovendosi possente sui cingoli che Dio gli ha dato. E’ comprensibilissimo il suo timore di farsi male per eccesso di fatica a un anno dal Mondiale di casa sua e dopo una stagione praticamente abortita a causa degli infortuni. Se sta bene è un acquisto sopraffino, una vera intuizione.
Finché il fiato tiene, i movimenti dei centrocampisti e degli attaccanti, i vivaci spostamenti dei giocatori per il campo, come le pareti mobili di un labirinto magico, confondono gli equilibri degli avversari, che si trovano in zona giocatori dalle caratteristiche sempre diverse. Lamela in particolare oscilla da un capo all’altro della larghezza del fronte. E’ faticoso anche per gli allenatori seguire gli schemi di Garcia. Totti all’interno di tale scenario in continuo mutamento ha più di un varco dove infilare i suoi lanci chirurgici.
La condizione fisica dei giallorossi non è ancora ottimale e vediamo se crescerà dato che diversi giocatori sono impegnati con le rispettive Nazionali. Cosa che non ha mancato di far imbestialire Mourinho, per il quale il campionato comincia questa settimana. Sin qui si tratta di situazioni legate alla organizzazione del calcio pura e semplice, con la quale bisogna fare i conti o cambiare business. Strutturale sembra invece nella Roma la difficoltà ad andare a segno: si arriva facilmente sulla trequarti e poi latitano le idee se non ci mette il piede San Francesco. La causa sta anche e forse soprattutto nell’involuzione di Lamela, molto disciplinato nel seguire le tracce segnate sul campo da Garcia ma in difficoltà nel saltare l’uomo e nello smarcarsi.
Il solo ad avere reti in quantità nelle gambe e nella testa è Osvaldo, guarda un po’ quello che si sono messi in testa di vendere. Totti è in forma ma con tutto l’amore non si può costruire una stagione su un unico fuoriclasse, per di più nella sua terza giovinezza. Il gioco di Garcia non manca di movimenti efficaci in attacco e con Gervinho in campo il problema dovrebbe avviarsi a soluzione. Tenendo sempre presente che l’ivoriano non è un cannoniere e che i suoi suggerimenti brevi sono molto più suggestivi dei suoi tiri in porta.
Castan sta smarrendo la fiducia. La sua e quella dell’allenatore, tentato dalla soluzione radicale di inserire Tintin Jedvaj (il nome è Tin, però la somiglianza con l’eroe belga dei fumetti stuzzica).