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GAZZETTA DELLO SPORT Cassano: “Nelle big ho fatto poco Il 99% delle volte ho sbagliato io”

Cassano

(L.Bianchin) – Budapest a inizio secolo faceva mille promesse. Siamo nel settembre 2000 e la Nazionale Under 21 è in viaggio: in Ungheria si gioca la prima partita di qualificazione all’Europeo 2002 e quel gruppo sembra pronto a prendere il mano il calcio italiano. Ci sono due ragazzi dell’Inter con una carriera garantita: Matteo Ferrari e Andrea Pirlo, ma il più forte è un interista di Bari, Antonio Cassano. E’ il più giovane, però quella sera fa contenti tutti: segna due gol e l’Italia vince 3-0. Quasi tredici anni dopo, il mondo è cambiato. Budapest è sempre lì ma Ferrari è lontano. Vive a Montreal, dove ha appena fatto un gol e un autogol nella stessa partita per gli Impact: la coda americana di una carriera di secondo piano.

ETERNO RAGAZZO  Antonio Cassano invece è in uno studio televisivo e, come a volte succede con Valentino Rossi, fa uno strano effetto: è un eterno ragazzo a fine carriera. Si sta facendo intervistare per «Confessione Reporter», trasmissione di Italia1 di Stella Pende, e a fargli le domande non c’è un giornalista ma Marco Tardelli, il c.t. di quel giorno a Budapest. Il dialogo sarà trasmesso questa sera alle 23.50 da Italia1: seduti su due sedie nere, Marco e Antonio sembrano due amici che parlano della vita, e Tardelli fa la parte dell’amico saggio. Poi a un certo punto Cassano dice una cosa che non ti aspetti.

L’AUTOCRITICA  «E’ stata colpa mia se non ho avuto una carriera migliore — racconta il barese, rientrato in campo domenica scorsa dopo oltre un mese ai box per uno stiramento — Pensavo che con la sola qualità si andasse avanti. Ho giocato in grandi squadre, ma ho fatto sempre poco». La disponibilità all’autocritica diventa una costante, come in altre interviste: «Ho fatto più casini della grandine — dice Antonio a Tardelli — Il 99% delle volte ho sbagliato io, però gli altri mi mettevano nelle condizioni di sbagliare. Passavo dalla ragione al torto in un attimo». E ancora: «Ho fatto il 50% di quello che potevo, ho sempre avuto un modo di allenarmi non professionale». Tardelli ascolta e a volte lo sgrida: «Antonio, quando hai fatto le corna a Rosetti è stato molto brutto». Nel 1980, quando giocava alla Juve, in un’intervista simile lui disse: «Il mio vero maestro fu un certo Costa. Quando avevo 14 anni mi fece capire che questo era un mestiere maledettamente serio. Così dopo le medie dell’obbligo, mentre i miei compagni si davano alla pazza gioia, io giocavo già a fare il professionista».

L’EDUCAZIONE  Ad Antonio forse è mancata una figura del genere. La signora Giovanna per lui è stata mamma, papà ed educatore: «Mia madre è stata il punto di riferimento della mia vita. Fino ai 17 anni, quando ho iniziato a giocare a calcio da professionista, non sono mai andato a rubare pur avendo vissuto in un ambiente particolare. Mi ha messo sulla via giusta». Tardelli chiede se papà non gli sia mancato, e Antonio attacca: «Mi è mancato zero». Lui per fortuna non farà sentire la sua mancanza a Christopher e Lionel: «Nel tragitto verso l’ospedale, quando ho avuto l’ictus, non essendo credente ho pensato: “Se c’è qualcuno, fa’ che possa rivedere mio figlio”. Ho preso paura ma non della morte, era paura di non rivedere mio figlio».

LE PRIORITA’ L’impressione è che quel giorno Antonio abbia riscritto le priorità. In cima alla classifica, la famiglia. Antonio la prende male — va bene, per finta — quando Tardelli gli fa i complimenti per Carolina («Mister, non guardarla troppo…»), poi racconta: «Mia moglie era più matta di me, faceva tre allenamenti al giorno e guadagnava 200 euro. A un certo punto le ho detto: “Il pane a casa lo porto io, tu pensa a fare la moglie di Antonio”». Non è un esempio di progressismo, ma Antonio è così: prendere o lasciare. E Carolina ha preso. In fondo alla classifica, il pallone: «Ai miei figli dico che la cosa più importante è non fare calcio. Questo calcio mi ha stancato, troppa gente finta, troppi… Mister, si può dire leccaculo?». Non è un esempio di eleganza. Ma, come Carolina, anche Tardelli ha preso. Si può dire.

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