TUTTOSPORT De Rossi in bilico, stavolta può partire sul serio

Daniele De Rossi

(S. Carina) – De Rossi in bilico. E non solo per la trasferta di domenica a Torino dove anzi, è molto probabile il forfait (ieri analisi alla caviglia destra, escluse lesioni ma dovrà rimanere 4 giorni a riposo). Stavolta in gioco c’è il futuro. Il derby di lunedì scorso, il numero 20 in carriera, rischia di esser statol’ultimo giocato nella capitale. De Rossi la Roma si guardano in faccia, poco convinti entrambi di proseguire un rapporto che solamente un anno fa sembrava indissolubile. Febbraio 2012: «Mi sono reso conto che quello di cui ho bisogno è qui». Sono le parole del calciatore nella conferenza stampa che ne annunciava il rinnovo contrattuale. Leggerle ora sembra quasi che appartengano ad un’altra era.

 FINE DELL’IDILLIO Anche perché nei 14 mesi che hanno seguito il rinnovo è cambiato tutto. L’addio di Luis Enrique, con il quale De Rossi aveva legato molto, il no al Manchester City in estate quando il club giallorosso invece sembrava propenso ad accettare l’offerta degli inglesi, le incomprensioni con Zeman, lo stupore per la nuova apertura da parte della società ad una sua possibile cessione a gennaio, il distacco di parte della tifoseria che ha iniziato a voltargli le spalle dopo il pugno rifilato a Mauri nel derby d’andata. Senza contare poi, la stagione a dir poco deludente della squadra e il rendimento insufficiente da parte sua (non ha ancora segnato un gol, cosa che in carriera nella Roma gli è capitata solo nel 2001-2002, l’annata dell’esordio in cui aveva però raggranellato appena 4 presenze) che hanno fatto il resto. De Rossi non è più l’icona intoccabile, il capitan Futuro erede di Totti. Rischia – suo malgrado – di vivere la sindrome di Carlo d’Inghilterra, eternamente principe e mai re. Che qualcosa si sia rotto nel rapporto con la gente lo si avverte dal fatto che nelle radio locali – reale termometro dell’umore della piazza – si parla di una sua eventuale partenza come si trattasse di un calciatore qualunque. Fosse accaduto un anno fa, si sarebbe sfiorata la sommossa popolare. Ma è anche De Rossi che ultimamente sembra essere stanco delle critiche, alcune in verità gratuite: «A Roma avranno già ricominciato con la solita, ridicola storia – disse un mese fa dopo il gol nell’amichevole contro il Brasile – Che mi impegno solo con la nazionale, che voglio segnare solo in azzurro e non in giallorosso. E’ abbastanza offensivo, ma non ci posso far niente…».

FUTURO INCERTO Il futuro è tutto da scrivere. Anche perché la Roma e De Rossi sono prigionieri uno dell’altro. L’idea dell’addio non è più così remota a Trigoria ma nessuno vuole fare il primo passo. La Roma americana – reduce da due stagioni deludenti – non se lo può permettere, temendo un rigurgito improvviso di passione popolare. Il calciatore, invece, ha paura di pentirsene un domani. Le parole rilasciate 14 mesi fa – «Si fa fatica ad andare via da Roma. So che significa restare e magari non cogliere altre occasioni: è una scelta di cuore» – erano sincere. De Rossi ama Roma e la Roma ma non ci si ritrova più. Tuttavia il rinnovo contrattuale sottoscritto un anno fa a 6 milioni l’anno limita i possibili acquirenti. Ecco perché il suo futuro potrebbe essere legato a quello di allenatori che lo stimano. Se le quotazioni di Mancini sono in ribasso – lo jesino è rimasto scottato dal no di questa estate – rimangono Mourinho e Ancelotti. Real Madrid, Chelsea e Psg sono le tre possibili mete dei due tecnici. Quella di De Rossi, 30 anni a luglio, potrebbe non discostarsi più di tanto.

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