MERCATO ROMA Crespo: “Lazio e Roma, servono idee, soldi e tempo. Totti è uno dei più grandi al mondo, straordinario”

Hernan Crespo

Un talento vero, ma che ha faticato a venire fuori. Poi ecco l’occasione buona e il via ad una carriera stupenda, fatta di tante gioie. Hernan Crespo parla a margine del convegno “Stress e Competizione” nella sede di Confindustria all’Eur della sua carriera e di quanti sacrifici ha dovuto fare per diventare uno degli attaccanti più forti visti in Italia e non solo. “Ho cominciato nel River, ma dai 9 ai 16 anni ho fatto sempre panchina. E’ stata molto dura, ma quando gli altri pensavano a divertirsi, io andavo a casa a dormire. Ho fatto tanti sacrifici ma non me ne pento. Poi l’occasione, la prima stagioen da titolare in prima squadra e il titolo di capocannoniere. E da lì una carriera di cui vado fiero”. E un segreto: “La voglia di non mollare mai, di dimostrare sempre qualcosa ma soprattutto divertirmi. Mi ritengo fortunato, perché tanti che hanno fatto come me poi non sono arrivati. Ringrazio la mia famiglia per avermi dato certi valori, ma sono stati importanti anche gli incontri a 18 anni con Daniel Passarella e a 21 con Carlo Ancelotti, che mi ha insegnato come si stava nel calcio italiano e non solo“.

POLITICA (E FILOSOFIA) DEL CALCIO – Con il Parma, con cui ha cominciato e chiuso la sua carriera (in Italia) 162 presenze e 72 reti, poi le esperienze con Lazio, Milan e Inter, oltre a quelle con Chelsea e Genoa. Un campione che ha vissuto l’epoca delle sette sorelle ma anche l’inesorabile discesa europea delle italiane. E a RSNEWS prova a spiegare i perché di questo calo di prestazioni ma anche di appeal del calcio nostrano: “Oggi si può parlare solo dell’aspetto economico e non è poco. Ma credo che ci siano ancora pochi che vedono il calcio italiano come lo vedevo io quando ero giovane, come qualcosa di speciale. Perché l’epoca in cui lo vedevo gli stadi erano pieni, il gioco era bello, poi c’era stato Italia ’90 e per un bambino quello lì fu qualcosa di straordinario. Sognavo con l’Inter dei tedeschi, il Milan degli olandesi, con i gol di Pruzzo e la Juve di Platini. Adesso non sarà più come me, perché il calcio inglese è più affascinante, economicamente sta meglio e i giocatori, quelli grandi, vanno nelle grandi squadre”. E prova a dare la sua ricetta: “Si deve cambiare qualcosa, dalle strutture, a delle leggi che non ti permettono di avere stadi di proprietà, alla burocrazia. Nel momento di difficoltà servono le idee, questi momenti ti costringono a pensare e allora credo che se ci fosse un pò di burocrazia in meno, le cose potrebbero certamente cambiare”.

Ma c’è anche l’aspetto ambientale: “Facevo questo paragone con il calcio argentino, ora purtroppo lo penso con il calcio italiano. E’ come se hai la possibilità di andare al cinema o quella di vederti un film a casa, magari affittandolo. Quando vai al cinema è bello, c’hai l’audio perfetto, sei seduto comodo, ti prendi i pop corn, stai tranquillo, ti guardi il film e vai a casa tranquillo. E questo è come dovrebbe essere il calcio italiano. Oggi invece siamo al Blockbuster: stesso film, ma tu lo metti ma ti piange il bambino, ti giri e ti chiama tua moglie, non si sente bene, metti pausa, poi ritorni e rimetti play, non è la stessa cosa. E’ vero, è lo stesso prodotto ma non è la stessa cosa. Noi allora dobbiamo migliorare anche il prodotto, come filosofia, provando ad essere più belli, ma serve cambiare il contesto.Serve un posto dove possono andare le famiglie a vedere le partite, senza problemi, dove se arrivi in ritardo non è che c’è qualcuno che ha occupato il posto e devi vederti la partita dagli scalini, dove c’è rispetto, dove ci sono gli steward fanno il loro lavoro, dove la gente che si comporta bene resta e quella che non lo fa va a casa e ci rimane. E’ un insieme di cose che si devono migliorare e torneremo così a vedere il film al cinema”.

SOLO LA JUVE – Tornando però al calcio giocato, solo la Juventus sembra in grado di poter competere in Europa. In casa invece tante hanno deluso e sembrano lontane dal poter insidiare la Vecchia Signora:”Si vedeva già ad inizio campionato che era la Juve la favorita. Perché è quella che ha cambiato meno, che ha preso consapevolezza nei propri mezzi, lo si era già visto lo scorso anno dove non era la favorita ma ha vinto. L’unica che poteva impensierirla era il Napoli, ma gli manca qualcosa. Il Milan senza Ibra e Thiago Silva è altra cosa, bravo El Shaarawi ma non si può contare solo su di lui, serve qualcosa di più per il salto di qualità. Lui lo ha fatto, così come Balotelli, ma è avvenuto tutto in corsa e da una situazione non perfetta. L’Inter aveva già deciso una linea di austerity, pochi cambi e nuovo allenatore. Per questo la Juve è partita ancor di più favorita. Certo, uno ci spera che ci sia competizione fino alla fine, però va così e quindi brava la Juve”.

ROMA E LAZIO – Mentre le squadre della Capitale sembrano solo comparse, seppur importanti: “Non dobbiamo dimenticarci da dove si è partiti. Roma con Zeman, euforia totale, Petkovic sconosciuto, e con la gente che si chiedeva chi fosse. E invece le cose in corsa sono cambiate. La Lazio è cresciuta molto, Petkovic ha fatto e sta facendo un buon campionato, lotta per un posto in Europa e credo che possa farlo anche per quella che conta ancora, è sempre lì. E’ stata l’ultima delle italiane ad essere eliminata in Europa. La Roma invece ha deluso le aspettative perché da Zeman ci si aspettava che si potesse ripetere le cose viste a Pescara, anche perché aveva campioni a disposizione e non solo giovani. A nessuna delle due però si chiedeva di vincere lo scudetto. Ma non è una stagione da buttare: si poteva fare meglio sì, ma non tutto è andato male”.

Tutti si aspettavano qualcosa di più dai giallorossi, soprattutto dopo il cambio di proprietà, ma l’argentino ha la sua idea in proposito: “Non hanno ancora trovato la continuità di un allenatore. Non dobbiamo dimenticare la continuità che c’è stata con Spalletti, da lì in poi si è fatto un pò fatica. Ranieri sì ma solo in parte, poi Montella, non erano a lungo termine per un progetto. Non ha trovato ancora la Roma uno staff tecnico capace di poter andare avanti a lungo. Luis Enrique ha fatto un anno, così come Zeman, anche se è durato meno, ora vedremo Andreazzoli. Manca una figura che ti permette di fare 3-4 anni di seguito, sviluppare un progetto, far crescere i giovani talenti che hai. Ma è anche vero che Roma è difficile, non ti aspetta e quindi devi fare in fretta. Colpe dell’ambiente o della squadra? No, chi ama la Roma pensa solo al bene della Roma. La società? Non è mai così semplice inserirsi in una nuova realtà. Se sei bravo a trovare un allenatore che ti permette di superare certi ostacoli e ti agevola tanti passaggi delicati è un conto, ma un periodo di cambiamento ci vuole. Il parco giocatore è importante, su questo non si può dire che si sono sbagliati. Da Lamela in primis, un grande acquisto, pagato tanto ma in prospettiva può fare tanto. Allenatori non sono stati bravi a trovare una stabilità”.

Mentre della “sua” Lazio esalta Petkovic: “In gamba, un allenatore assolutamente all’altezza, bravo con i giocatori, che si sapeva che avevano un certo livello, vedi Hernanes e Klose, o anche lo stesso Kozak. Poi il tedesco è venuto a mancare. Certo che lo hanno sostituito bene sia Kozak che Floccari, ma Klose è Klose. C’è un certo divario tra chi gioca o chi gioca di meno, ma questo è normale ed è per questo che non poteva lottare per lo scudetto ma può farlo per l’Europa. Lazio lì davanti? Dipende da cosa sei disposto a fare. Questo gap o lo diminuisci con i soldi o con i dee. Le idee tardano a sviluppare, i soldi accorciano. La Juve è lì davanti perché ha sviluppato da zero negli anni di B, così come sta rifacendo l’Inter, o almeno ci sta provando. Ci vuole del tempo. Lazio e Roma hanno sempre lottato storicamente, ma con questa Juve sarà sempre dura”. 

Un periodo delicato quello che ha coinciso con il suo passaggio dal Parma ai biancocelesti, soprattutto dal punto di vista dello stress e delle aspettative della gente. E raconta anche un episodio curioso:”Arrivai per la cifra record di 110 miliardi, l’aspettativa era tanta ma all’inizio non mi resi conto di cosa volesse dire. A Veron chiesi di fare un giro di giorno per la città, visto che era un sogno essere a Roma e potermela vivere. Stavamo uscendo di casa, era agosto e lui si era coperto con occhiali e cappello, quasi per nascondersi. Gli dissi: ‘Ma che fai, sei matto con questo caldo?’. E lui rispose ‘Vedrai…’. La Lazio aveva appena vinto lo scudetto, e bene, quando arrivammo in centro sembrava di rivivere la scena di Rocky, quando corre con la gente alle sue spalle. Fu una cosa incredibile. E poi quando uscivo, tutti mi facevano gli auguri o le ramanzine per partite non andate. Non c’era più privacy e questo non è facile. Ma i professionisti devono gestire queste situazioni e io poi sono riuscito a farlo”.

Infine un commento sul suo connazionale Lamela e sul suo “rivale” Francesco Totti: “Totti è uno dei più grandi del calcio mondiale e italiano. Giocatore straordinario, che ha passato momenti difficili, soprattutto fisici, ma ha fatto vedere a tutti come rialzarsi nelle avversità e sta facendo vedere un calcio sempre straordinario, sembra tornato un ragazzino ed è incredibileErik lo conosco da quando era al River, non mi ha sorpreso la sua esplosione. Certo che alla sua età così giovane, mettersi sulle spalle la maglia della Roma in un ambiente come questo e fare così bene non è mai semplice, ma ci sta riuscendo. A noi tifosi del bel calcio vederlo ci fa piacere. Spero che possa trovare continuità e trovare ancor più consapevolezza nei suoi mezzi e mantenersi coì forte per tanto tempo”.

Ora studia da allenatore e in molti puntano su un suo sicuro successo, ma guai a chiedergli magari un suo ritorno nella Capitale, magari sponda Lazio, o magari a Parma: “Chissà…”.

Fonte: www.rsnews.it

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