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IL ROMANISTA De Rossi, venti di riscossa

Daniele De Rossi

(D. Giannini) – Sembra essere il 20 il numero chiave della Roma di questo periodo. Venti, come gli anni dall’esordio festeggiati la scorsa settimana da Francesco Totti. Il capitano veniva da un momento super e invece la ricorrenza non gli ha portato particolarmente fortuna sabato a Palermo quando non è riuscito neppure lui ad issarsi sopra il grigiore di quella partita. Ora ecco che torna il numero venti. Cha stavolta magari potrebbe essere più gentile. Stavolta potrebbe succedere esattamente l’opposto con chi invece è reduce da un momento decisamente poco felice.

Lunedì sera Daniele De Rossi giocherà il derby numero venti della sua carriera. Cifra tonda, l’occasione giusta per cambiare la storia. Quella nei derby, sempre troppo sentiti per poter rendere al meglio, quella di una stagione da dimenticare, quella di un futuro romanista da riprendersi. Una partita che arriva in un momento complicato, come forse non mai. Soprattutto per lui. Con le infinite chiacchiere sul suo conto, sul suo rendimento, sulla differenza tra il tanto fatto vedere in Nazionale e il poco fatto vedere in giallorosso. Qualcuno con poca memoria e ancora meno riconoscenza ha addirittura messo in dubbio il suo attaccamento ai colori, alla maglia, dimenticando la frase che Daniele disse tempo fa e che racchiude un po’ tutto: «Ho un solo rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera». Basterebbe per chiudere la questione. Eppure c’è anche qualcuno che ipotizza che questo possa essere il suo ultimo derby (senza peraltro considerare un’eventuale finale di Coppa Italia). Che vorrebbe dire che per De Rossi questa sarebbe l’ultima stagione alla Roma. Ma al di là di quello che il futuro potrà portare, Daniele si avvicina alla partita di lunedì con una voglia pazza di cancellare le chiacchiere e quel folle gesto dell’andata. Quella manata a Mauri che condizionò l’esito finale del match. Più semplicemente, Daniele vuole mostrare il suo vero valore, il suo essere se stesso.

Essere quel giocatore e quel ragazzo che è un vanto per i romanisti. Come recitava uno striscione esposto durante la partita contro il Parma: “300 volte il nostro vanto”. Lunedì saranno 302. Trecentodue volte un vanto romanista. Con un derby da protagonista positivo, con un derby giocato per la ventesima volta. La prima fu da urlo. E non poteva essere altrimenti per uno che i debutti non li sbaglia mai: a segno in quello con la Roma dal primo minuto (contro il Torino nel 2003), a segno in quello con la Nazionale (nel 2-1 contro la Norvegia del 2004). La prima volta nella stracittadina fu il 9 novembre del 2003, poco meno di dieci anni fa, e non fu una serata qualsiasi, Fu quella del tacco di Amantino Mancini. Daniele quella prodezza, arrivata a una manciata di minuti dalla fine, la vide dalla panchina. O nei pressi. Perché stava per entrare in campo. Lo fece due minuti dopo, in tempo per esplodere di nuovo insieme ai compagni al raddoppio di Emerson. Per la prima vittoria da titolare nel derby dovette aspettare un po’, fino al 26 febbraio 2006. Un’altra notte memorabile, quella del record delle undici vittorie di fila con i gol di Taddei e Aquilani e Totti con la caviglia appena operata portato in trionfo. A questi due successi, nel tempo Daniele ne ha aggiunti altri sette (coppa Italia compresa) con un gol purtroppo inutile all’attivo. Nove successi totali, l’ultimo porta la data di due anni fa. Tanto, troppo tempo. Era il 13 marzo del 2011, era il giorno della doppietta di Totti sotto la Sud, quella che fece urlare “The king of Rome is not dead”. Ora c’è un altro re di Roma che deve dimostrare di essere più vivo che mai. Che deve rispedire al mittente le critiche, che deve riconquistare anche quei tifosi che sembrano aver dimenticato quanto ha fatto per questi colori, che può riprendersi la squadra che è tutto per lui. Quella che gli fa avere un solo rimpianto: potergli donare una sola carriera.

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