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REPUBBLICA.IT Panchine bloccate, mister senza turnover

Stefano Pioli

(M.Pinci) – Forse a (quasi) cinquant’anni non si ha più così fretta di sognare in grande. O forse, nell’Italia del precariato, chi ha la fortuna di aver trovato un posto fisso preferisce tenerselo che sperare in approdi migliori. La tentazione Napoli, la speranza Roma: Rolando Maran e Stefano Pioli sembravano poter ambire, forse anche qualcosa di più, a panchine nobili dopo aver meritato sul campo le attenzioni dei palcoscenici più luccicanti di quelli su cui sono stati per anni abituati a esibirsi. Ma piuttosto che ascoltare le sirene, con il rischio di farsi trascinare a fondo, come novelli Ulisse hanno preferito legarsi alla nave: firmando un prolungamento, con il Catania uno e con il Bologna l’altro (entrambi fino al 2015) che, almeno a parole, chiude anticipatamente il discorso mercato. E in tanti, da Montella a Donadoni fino a Petkovic, nonostante l’exploit non sembrano aver fretta di preparare le valige.

Pensare che il Napoli, ancora incerto sulle decisioni che prenderà Mazzarri a fine stagione – ma le voci su un suo possibile trasferimento all’Inter (che viaggia anche tra Stramaccioni e un clamoroso ritorno di Mourinho) continuano a essere insistenti – seguiva sia Pioli che Maran: l’esplosione del Catania, 45 punti e persino qualche velleità di potersi inserire in discorsi europei, aveva fatto rivolgere le attenzioni in Sicilia. Un’isola felice che aveva già svezzato e salutato in fretta Simeone, che oggi colleziona trofei con l’Atletico Madrid, Mihajlovic e Montella, tinti di viola in periodi diversi e con fortune di segno opposto. Una garanzia, capace di farlo preferire anche alla prima idea Pioli, 35 punti con un Bologna capace di entusiasmare per possesso palla e geometrie, e già in contatto con i partenopei dalla scorsa stagione. Per la prossima aveva pensato a lui la Roma, ancora incerta se continuare con il debuttante (a questi livelli) Andreazzoli o cambiare il quarto tecnico in due anni. Ora, a blindare entrambi, un prolungamento fino al 2015: la fine dei sogni nel nome della stabilità. Oppure no? Già, perché spesso i contratti, più a vincolare un tecnico, servono a dare al club la forza di poter ottenere “favori” da chi volesse portarglielo via: da Catania a Firenze, con Montella, è ad esempio passato anche l’eterno incompiuto Llama, con il baby viola Salifu girato in prestito ai siciliani. Difficile sia solo un caso.

Debuttanti e vincenti: la storia recente della serie A  insegna che il grande salto da una realtà di provincia al grande club può risultare tutt’altro che traumatico, se gli ultimi due allenatori campioni d’Italia – da Allegri a Conte – erano reduci da esperienze marginali nella massima serie prima di festeggiare il titolo nazionale. Anche per questo il Milan ha pensato, valutando la possibilità di un addio del proprio tecnico (se i rossoneri non conquisteranno la Champions League), a nomi emergenti. Montella e Donadoni sono soltanto i più ricorrenti. Eppure anche loro, pur senza rinnovare i propri contratti, sembrano destinati a restare dove sono: l’ex aeroplanino vorrebbe evitare di farsi la fama dell’eterno inquieto preferendo pianificare almeno per altri 12 mesi il piano di rilancio europeo della Fiorentina. L’ex ala del Milan invece potrebbe lasciare una realtà come quella di Parma soltanto per una grande piazza, che però attualmente sembra tornata lontana dai suoi orizzonti. Altra rivelazione, seppure in ribasso nel borsino del mercato, è il laziale Petkovic: anche lui piaceva al Napoli, su di lui si sono mossi sguardi interessati da almeno un paio di importanti club, persino il Borussia Dortmund (dovesse partire Klopp). La Lazio, però, non pensa a cambiare guida, forte del contratto valido per altri dodici mesi: sempre che un contratto basti davvero.

Fonte: Repubblica.it

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