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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Totti

Disse Jorge Luis Borges che ogni volta che che un bambino prende a calci qualcosa per la strada lì ricomincia la storia del calcio. E’ vero. Noi aggiungiamo che ogni volta che i bambini, compresi quelli cresciuti, si stropicciano gli occhi allora la storia del calcio si garantisce uno spicchio d’immortalità, la certezza di non finire. Ecco perché c’è stata Roma-Parma, arbitrata da Russo di Nola e al tempo stesso c’è stata la partita disputata da Francesco Totti, che ha parlato un linguaggio diverso dalla cifra tecnica complessiva del resto dell’incontro. Già, ma togliendo Totti cosa e quanto resta di una partita che la Roma è riuscita a complicarsi, a non chiudere quando l’avversario non voleva saperne di uscire dal guscio, ad aggrovigliare come quei cavi elettrici che spesso non si riescono più a districare? Tema di riflessione  per Andreazzoli e il suo staff, per la dirigenza della Roma e per quei tifosi che ancora non hanno capito il privilegio ventennale che gli è toccato in sorte senza che lo meritassero. Al minuto sessantanove, dopo una serie di bizzarrìe che da una porta all’altra rischiano di riscrivere la sceneggiatura della partita, la palla è come se chiedesse scusa: umida di rimorso decide in qualche modo di oltrepassare Mirante, che non è un cognome in questo caso ma il participio presente di chi ha il privilegio di osservare da vicino quel modo di calciare. Quella punizione semplice scaturita da una forza senza tempo come risarcimento per l’affresco leggero con cui venti minuti prima aveva pittato l’intera parete della porta: tra palo e traversa il rimpallo aveva disegnato un triangolo immaginario, come ad indicare che lì sta il punto G dell’estetica del calcio, che chi impara a fare l’amore con il goal da ragazzo poi non si stanca più di farlo.  Il tacco per Marquinho nel primo tempo non poteva rimanere figlio unico di una partita, tolto Lui, vedova di spettacolo e ogni tanto pure di logica: è arrivato tanto altro, al punto tale che al minuto ottantuno Mirante più che respingere con il piede ha provato a fare piedino alla palla, per corteggiare attraverso di lei la Storia del calcio italiano, che al di là dei numeri che aumentano quasi quanto gli elogi tardivi di un’Italia che non ha più scuse (il consiglio adesso è quello di derattizzare il carro del vincitore), deve tener conto del fatto che nessuno dei grandi a cui viene accostato è durato così tanto e a livelli tali. E’ un fatto, ispirato dalla stessa logica per cui a Napoleone si dedica un capitolo intero di un manuale di storia e ad altri, pur importanti, un paragrafo. C’è chi la storia, sia pure quella del calcio, la vive da protagonista e chi invece la fa, la cambia, le impone il suo nome. Forse è per questo che vedere tanti altri, stasera, dava l’impressione di assistere contemporaneamente a due sport diversi. Un consiglio alla dirigenza: andate da Totti a chiedere se vi allunga il contratto: oltretutto è anche un buono e non porta rancore.

Paolo Marcacci 
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