AS ROMA Burdisso: “Con Zeman l’impegno non è mancato. Andreazzoli e i risultati ci hanno portato tranquillità. La finale di Coppa Italia è obbligatoria”

Nicolas Burdisso

Nicolas Burdisso è il perno centrale della difesa della Roma da quattro stagioni e dopo il brutto infortunio che lo ha tenuto fuori quasi tutta quella passata, quest’anno l’argentino si è ripreso il posto da titolare. Soprattutto con Andreazzoli, che lo ha riproposto centrale nella difesa a tre affiancandogli tutti i giovani acquisti Marquinhos, Castan e Piris e il diciassettenne Romagnoli. Queste le parole di Burdisso intervistato dal canale tematico romanista:

E’ un bel clima quello che si respira da un mese a questa parte.

“Si ci aspettavamo arrivasse un po’ di normalità, anche grazie ai risultati certo. Dobbiamo avere questa tranquillità per lavorare sono stati mesi abbastanza particolari. Adesso si respira aria nuova e dobbiamo approfittarne”.

Pensavamo che questa poteva essere una stagione importante. Cosa poi non è andato?

“Non è una sola cosa che si sbaglia in questi casi. Ci sono tante persone che sbagliano o che fanno qualcosa di poco giusto in quel momento. Io fino all’ultima partita con mister Zeman ho pensato che arrivasse una ricompensa per tutto quel lavoro che avevamo fatto. Quest’anno abbiamo messo tantissima voglia, tantissimo impegno per riuscire a fare quello che chiedeva il mister. Purtroppo non siamo mai arrivati a quel punto, e soprattutto non c’erano i risultati che volevamo”.

Cosa è cambiato con Andreazzoli?

“Sempre quando si cambia, cambiano le aspettative. Aurelio ci conosceva benissimo. Gennaio è stato un mese difficile in cui è successo di tutto tornati dalla tournée in america. Alla fine non riuscivamo a decollare nel cercare di far vedere l’idea di calcio di Zeman. La società ha deciso di cambiare. Nessuno di noi se l’aspettava, basta vedere il modo in cui ci allenavamo. Pensavamo “prima o poi inizierà a pagarci considerata la voglia che ci mettevamo”.

Ti sei emozionato per la prima convocazione di tuo fratello Guillermo da parte di Sabella?

“E’ capitato qui in un anno particolare con la società in procinto di andare via. Quell’anno la Roma non ha fatto quello che doveva. Non ha avuto modo di farsi vedere. Il calcio italiano è fatto per lui, per la sua fisicità. In Argentina è andato a vincere il campionato. Ora al Boca sta facendo benissimo”.

E’ stato eletto un papa argentino, Papa Francesco: cosa rappresenta per te?

“Io sono cattolico. Mi auguro che faccia quello che ha fatto in Argentina con carisma. Che la gente torni a credere nella Chiesa, ha fatto molto per i poveri. Anche la scelta del nome è simbolica. Mi auguro di conoscerlo presto approfittando di essere a Roma perché ispira qualcosa di bello. E’ un momento giusto per cambiare qualcosa”.

Cosa ti ha colpito di lui?

“La sua umiltà. E’ una persona come si vede, semplice. E’ vero che ha appena iniziato ma mi auguro sia questo il cammino”.

Oggi è la giornata mondiale contro il razzismo. Voi calciatori lo respirate o solo episodi?

“Esiste. Questi problemi sono sociali e vengono portati anche sul campo. Si respirano fuori e dentro. Noi come calciatori, persone conosciute siamo obbligati a fare qualcosa per aiutare le persone a saper condividere e aiutare l’altro. Bisogna farlo anche nelle piccole cose per poter dare l’esempio”.

Leader si nasce. Il carisma lo hai innato? Quali i valori morali del gruppo?

“Io ho sempre vissuto così cercando di non fare solo quello che basta dando una mano agli altri. Non so se è un pregio o un difetto. Poi uno arriva ad un’età in cui bisogna farlo per forza, bisogna essere più che mai positivi. Su questo ci tengo a farlo perché ho imparato dai grandi che funziona così. E continuerò ad imparare. Questo è un gruppo sano. Sono il primo ad essere amareggiato per come sono andato le cose perché ci siamo impegnati tantissimo credendo in quello che c’era da fare. E’ stato un anno che è servito a tutti a crescere. Chissà che sia il modo per iniziare qualcosa di grande…”

Cosa ne pensi di Marquinhos?

“Lui ha la testa che lo aiuta e anche Zeman è stato un ottimo supporto. Lui ha le sue caratteristiche. Insieme a Castan e Romagnoli sono veramente forti. Bisogna dimostrare che al di là del rendimento si è giocatori da Roma, grandi giocatori”.

Ci pensi ai Mondiali 2014 in Brasile?

“Ci tengo alla nazionale”.

Come hai reagito all’infortunio?

“Posso fare diverse analisi. Non mi sono fermato mai da quando sono tornato. Mi hanno aiutato tantissime persone qui dentro. Il ginocchio è una battaglia vinta insieme allo staff medico. La parte atletica e tecnica voglio migliorarla sempre. Quest’anno abbiamo concesso tantissimo difensivamente. A volte sembrava facile per gli avversari. Questo a me come difensore dà fastidio. Ora questo è cambiato un po’. Dobbiamo crescere e anche io a livello individuale”.

Come ti trovi con la difesa a tre?

“Sta dando risultati, siamo sempre coperti. La cosa più visibile è che la qualità delle giocate avversarie non è quella di prima, quella facilità di prima che c’era per via dell’attenzione al calcio che voleva il mister Zeman. Ora abbiamo quasi sempre la partita in mano. pensi di poter vincere in qualsiasi momento”.

Quali sono i vostri obiettivi?

“Manca ancora tanto. In questi momenti vengono fuori gli attributi della squadra”.

A Palermo quale approccio?

“Bisogna preparare la partita con attenzione. Il calcio italiano non ti lascia nulla. Bisogna cercare di vincerla senza pensare al derby”.

17 aprile: come affrontare l’Inter e quali le chances?

“Sarà una partita importante. Abbiamo l’obbligo di arrivare in finale di Coppa Italia. Sarò squalificato ma chi entra non fa risentire l’assenza degli altri. Si è visto in tutte queste ultime partite. Quella gara bisognerà affrontarla alla stessa maniera, cercando di far male, attaccare e essere sempre coperti”.

Ti ha colpito la maturità nella pazienza dei tifosi?

“Che posso dire, loro sono fantastici. Hanno passione per il calcio e per la maglia. Una fedeltà unica. Mi auguro di vincere per accontentarli. Uno vuole vincere, al di là di tutto. Questi due anni ci sono serviti, a tutti. Per credere in ciò che facciamo e dove vogliamo arrivare. Dobbiamo sempre lottare per vincere”.

Tante le iniziative della società.

“Credo questo sia la via per cambiare. C’è una ristrutturazione del calcio italiano da fare, per migliorarlo, per riportare le famiglie negli stadi. In Argentina c’è venerazione per il marchio Italia”.

Messi. Che campione è?

“E’ straordinario. Come un calciatore è come un bambino: vuole divertirsi, allenarsi, giocare. Non pensa ad altro. Come persona è molto semplice. Uno non può essere diverso come persona rispetto a come gioca. Fa 90 gol l’anno e festeggia sempre come fosse il primo. Non si lamenta mai, non rimprovera, non cerca alibi. E’ bello da vedere. E’ difficilissimo fermarlo, si propone, ti salta. Ce ne sono difensori in grado di farlo, come Samuel ai tempi della Roma. Non a caso era chiamato “The Wall””.

Totti: una definizione?

“Che posso dire? E’ unico. E’ un mito. Lo sta diventando per i gol e per quello che sta dando alla squadra. Penso stia meglio rispetto a quando sono arrivato 3 anni fa. Fisicamente sta bene, mentalmente anche. Aiuta i compagni, non si fa mai i problemi, ha sempre umore buono. Mi ricorda un pò Zanetti. Ti aiuta a non farti problemi”.

C’è un soprannome in cui ti riconosci? Il bandito?

“Mi dicono anche “Scarface”. In Argentina non ce l’avevo. Mi chiamavano “padroncito”. A Milano nessuno mi ha mai dato un soprannome, qui in un mese si. Bellissimo”.

Il soprannome è per alcuni tuoi interventi duri...

“Io sono istintivo. Basta vedere nella gara di Udine nell’intervento di Muriel. Mi sono reso conto che non dovevo lanciarmi. Devo essere più pensante che istintivo. Andreazzoli mi sta aiutando. Non si finisce mai di imparare. Penso che adesso bisogna continuare su questo passo”.

Cosa provi nel vestire la fascia da capitano della Roma quando non ci sono Totti e De Rossi?

“Un orgoglio. Ci tenevo a vincere non in maniera egoistica perché è una cosa bella. Ci tenevo a farlo nella maniera giusta. Avevamo perso contro il Parma sotto il diluvio, a Chievo con la neve. A Bergamo abbiamo fatto una partita da guerrieri. Ci tenevo per cambiare la tendenza e far vedere che quando c’è da lottare, la squadra c’è”.

Fonte: Roma Channel

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