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IL TEMPO Il tecnico giallorosso si presenta e cerca di stimolare il gruppo: “Perdere non va più bene, metterò poche regole ma rigide”

Perrotta e Andreazzoli

(Il Tempo) – «Sono Aurelio, quello di ieri e dell’altra settimana. Datemi del tu». Andreazzoli si approccia da amico alla Roma, ma usa concetti tutt’altro che banali. Per la prima volta parla da «primo» allenatore di un club di serie A, alle poche domande seguono risposte fiume, si fa fatica a stargli dietro. Però alla fine dell’intervista concessa al canale tematico giallorosso l’impressione è che abbia capito molto, se non tutto, dei motivi per cui la Roma ricca e piena di buone idee si ritrovi così in basso in classifica.

«Dobbiamo riscoprire il dolore della sconfitta». Ecco la frase-manifesto del sostituto di Zeman, la cura per combattere quel senso di arrendevolezza che sembra aver colpito i giocatori. «Non è possibile – spiega – che dopo ogni partita persa si dica: “pazienza, vinceremo la prossima”, come se nulla fosse successo. Se non senti quel “dolore” dopo aver lavorato una settimana intera vuol dire che hai sbagliato mestiere.Bisogna ricreare l’entusiasmo che la squadra a volte dimostra di non avere e cercare il successo con ansia: è importante avere sempre un obiettivo».

Insomma, è ora di trasformare i propositi in risultati. «Le vittorie sono la prima cosa che ci serve – conferma Andreazzoli – speriamo di giocare 17 partite da qui alla fine (vorrebbe dire ingresso in finale di Coppa Italiacontro la Lazio, ndr). Ho osservato la Roma e ora mi basta mettere insieme quello che mi piace e correggere il resto». Non parla di moduli, anche se la sua prima idea sarebbe quella di confermare la difesa a 4: ma le prime prove col gruppo al completo potrà farle solo venerdì.

Intanto pensa al contorno: «Trigoria è la mia casa da otto anni e nessuno meglio di me sa dove mettere le mani. Cercherò di coinvolgere tutti e tirar fuori energie positive. Serve un vento nuovo, non ce la faccio più a sentir dire: “eh, tanto a Trigoria è così”. Mi sono posto degli obiettivi, con la consapevolezza di avere alle spalle una grande società. Mischierò le mie idee con quelle apprese da Spalletti, Montella e Luis Enrique». Andreazzoli racconta come è rimasto alla Roma da tecnico «nascosto» un anno e mezzo fa. «Ero d’accordo con Della Valle per andare alla Fiorentina e sono venuto a parlare con Sabatini più per cortesia. Ma con Walter ci siamo piaciuti, mi ha convinto e coinvolto con un impegno di cinque anni. Credo di essere stato bravo anch’io, in alcuni momenti sono stato utilizzato, in altri meno (Zeman lo ha tagliato fuori, ndr), mi sono messo da parte e ho continuato a studiare le situazioni».

L’«amico» Aurelio non si sente un traghettatoreRagiono – assicura il tecnico toscano – come se fra tre anni sarò ancora l’allenatore della Roma. Non ho in testa la partita di domenica per fare il fenomeno, voglio preparare una base su cui la società possa muoversi in futuro, con me o con chi mi sostituirà». Chiari gli uomini da cui ripartire: quelli che ha conosciuto sin dall’inizio, quando era il tattico di Spalletti. «Con Totti, Burdisso, Perrotta e Taddei c’è amicizia e confidenza, ma non mi hanno scelto loro, non scherziamo. Ho già parlato con Francesco e gli ho detto: “tu sei come il Colosseo per noi e non voglio sostituirti con un supermercato nuovo . Sei di un’importanza incredibile e ho bisogno di te nello spogliatoio“. Sono sicuro che mi aiuterà. Spiegherò a tutti cosa voglio sin dall’inizio in modo che poi non potranno dire nulla. Da domenica inizierà il difficile: escluderò qualcuno dalla formazione e mi auguro la prendano male».

Si torna alla questione sollevata da Zeman: le regole. «Ne metterò poche ma tassative, ferree. Devo farle rispettare senza bisogno del controllo: fuori non deve arrivare il messaggio che abbiamo un gruppo di delinquenti. Non farò doppie sedute perché non credo siano utili e metterò gli allenamenti alle 11 in modo che i giocatori evitino il traffico della città e arrivino un’ora prima a Trigoria».

Chiusura sullo staff: «Il tattico Beccacioli sarà una mia appendice celebrale, Muzzi non è mio amico, l’ho allenato a Udine e mi stava sulle scatole: aveva la puzza sotto il naso. Ma nel suo nuovo ruolo è bravissimo e discreto. Non mi serve nessun altro. Chinnici è il preparatore atletico perché è amato dai giocatori, ai medici non chiederò mai di forzare un recupero». Promosso con lode all’esame di teoria, ora si passa alla pratica. Con tanta fiducia.

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