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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Catania-Roma Destro

Passare in svantaggio in una partita del genere, dopo un primo tempo del genere, vuol dire essere vittime di una specie di macumba, oltre che delle solite amnesie e di una serie di errori di misura, soprattutto sotto porta ma anche in fase di impostazione.
Un Catania meno efficace rispetto a quello che è il suo standard di rendimento nel bunker del “Massimino“; una Roma che riesce ad arrivare al tiro in più occasioni, un paio delle quali fanno già immaginare il fremito della rete, se Destro e Bradley non riuscissero nell’impresa di salvare la porta etnea da quello che sarebbe un meritato svantaggio, vista l’efficacia della manovra romanista.
Un cenno alla lideranza di Burdisso, capitano odierno e collante del reparto: prima di tornare alle considerazioni sulla sua adattabilità ai piani di Zeman, oggi se ne apprezzano carisma e tenuta del reparto, anche se nella seconda parte partecipa anche lui all’orgia di lanci lunghi in cui la Roma annacqua le sue speranze di rimonta dopo il goal di Gomez. Quello che accade al minuto sessantuno è stavolta talmente lineare e scorrevole nel suo sviluppo che ci costringe a porci più di un interrogativo, secondo noi soprattutto sul valore dei singoli, non solo da un punto di vista tecnico ma anche di tenuta psicologica, visto che Gomez arriva alla conclusione come una lama nel burro, il che dà anche il tempo di considerare quelli che ancora sono i limiti di Goicoechea, visto che forse si consegna prima del tempo alla battuta del brevilineo argentino. Poi col passare dei minuti la Roma somiglia sempre meno a una squadra di Zeman, a tratti anzi pare agli antipodi dei dettami del boemo, basta soffermarsi a considerare i movimenti di esterni come Piris e Balzaretti o il portare palla di Bradley prima che il movimento di qualche compagno dia sviluppo alla manovra. Marquinhos e Dodò, una finestra sul futuro nel finale dell’ennesimo pomeriggio indigesto alle pendici del vulcano; il presente però è ancora una volta un colpo di tosse di Zeman, frettoloso nel guadagnare il sottopassaggio, a celare il disappunto. C’era il rigore su Dodò, tante altre cose che dovrebbero essere scontate, quasi ovvie, non ci sono ancora e viene il dubbio che forse non le vedremo mai, giunti alla prima del ritorno, con quattro punti lasciati in due gare alla banda di Maran. Non c’era Totti, poi, il che rende ogni magagna più evidente, visto che il Capitano troppo spesso è come il tappeto sotto il quale nascondere la cenere.

Paolo Marcacci

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