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CORRIERE DELLA SERA Fatti in casa

Alessandro Florenzi

(P. Tommaselli) – Sono bianconeri, come dei panda da difendere. E possibilmente da riprodurre. La Juve torna stasera in Coppa Italia, ritrova Conte allo Stadium, e probabilmente (il dubbio è d’obbligo, causa massiccio turnover) anche tutti i suoi ragazzi cresciuti nel vivaio. Quelli che hanno deciso il derby di due settimane fa, Marchisio e Giovinco, assieme a De Ceglie eMarrone. Non è certo una novità, ma è sempre un’eccezione da cui partire, per un viaggio verso l’ignoto. Una caccia al tesoro che almeno a parole va di moda. Secondo i dati dell’Osservatorio sul calcio europeo siamo sempre il Paese in cui i ragazzi del vivaio (frequentato almeno tre anni tra i 15 e 21 d’età) faticano di più ad arrivare in prima squadra: appena il 7% contro una media continentale che oscilla negli anni tra il 22% e il 23%. Una miseria. Perché se di cantera ce n’è una e notoriamente è a Barcellona (dove contro il Levante il 25 novembre la percentuale è arrivata al 100), ci sono anche le vie di mezzo.

Qualcosa si muove, dietro la cresta di El Shaarawy che il Milan ha strappato diciottenne al Genoa, dopo un anno di rodaggio in serie B al Padova. I nati negli anni 1990 impiegati finora in A sono oltre 50 e sono aumentati rispetto agli ultimi anni, per necessità economiche ma anche grazie ad allenatori come Zeman, Ferrara o Stroppa, che si è dimesso dal Pescara mache detiene ancora il record stagionale dell’undici di partenza più giovane, 24 anni esatti, alla prima giornata contro l’Inter. «L’ottimo rendimento di molti giovani in serie A—dice il c.t. Cesare Prandelli, a margine di un’iniziativa benefica a Pisa—ci conferma che quando avevamo fatto la scelta del rinnovamento in nazionale avevamo visto giusto ». Oltre al Faraone anche il compagno De Sciglio, Insigne (Napoli), Livaja (Inter), Destro, Florenzi (Roma) si sono messi in evidenza, ma Prandelli non parla dei singoli: «Le loro prestazioni sono sotto gli occhi di tutti — spiega il c.t.—e non sarebbe giusto fare graduatorie di merito. Adesso devono continuare a lavorare come hanno fatto finora, continuando a crescere e a mettersi in mostra. Alla fine vedrete che troveranno lo spazio che meritano ».

Ma il problema per il nostro calcio a corto di denaro è quello di creare nuovi giocatori, possibilmente a domicilio o prendendoli in casa altrui a costi accessibili. In questo senso la Juventus (che ha il diciannovenne Pogba, ex promessa del Manchester United) e l’Inter sembrano davanti a tutti per quantità e qualità degli investimenti. I bianconeri hanno oltre venti ragazzi sparsi tra serie A e serie B: due punte, come Gabbiadini (preso dall’Atalanta e girato al Bologna, dove c’è anche Pasquato) e Immobile (cresciuto nel vivaio e ora parcheggiato al Genoa) sono in particolare sotto esame. Il portiere Leali (al Lanciano), il centrocampista Fausto Rossi del Brescia, e soprattutto l’attaccante Boakye che sta facendo grandi cose al Sassuolo (7 gol) sono i prospetti più interessanti in BBoakye, come El Shaarawy o il portiere Perin ora al Pescara, viene dal serbatoio del Genoa, dove si punta a monetizzare.

In questo, è specialista l’Inter: dal 2006 i nerazzurri hanno guadagnato una settantina di milioni vendendo i ragazzi cresciuti in casa, da Balotelli a Martins, da Bonucci a Destro passando per i vari Andreolli, Bolzoni, Siligardi. Ora le speranze, assieme a Livaja, Benassi e Romanò, già utilizzati da Stramaccioni, sono soprattutto il portiere Bardi (al Novara), il centrale difensivo Benedetti (Spezia) e l’attaccante Longo, 3 gol con l’Espanyol. Il Milan ha tre giocatori in serie A: Verdi, poco impiegato al Torino, il difensore Romagnoli del traballante Pescara e Paloschi, bomber ritrovato al Chievo con 5 gol nelle ultime 5 partite. A volte, come il quartetto juventino, i rossoneri Abate e Antonini o il napoletano Insigne, ritornano alla base. A volte, vedi Bonucci, fanno forte la concorrenza oppure diventano dei simboli, stile Totti o De Rossi. Altre volte ancora, come il pescarese Verratti finito al Psg per 12 milioni, sfuggono sotto il naso a tutti. Troppo spesso però i ragazzi made in Italy rischiano di perdersi per strada. La svolta di Prandelli è partita dall’alto. La base lentamente cerca di adattarsi. 

 

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