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GAZZETTA GIALLOROSSA Il sogno divenuto realtà: quattrocento volte Daniele De Rossi!

Daniele De Rossi

Quando ero bambino, come chiudevo gli occhi facevo sempre lo stesso sogno. Sognavo il prato verde dell’Olimpico, la maglia della Roma cucita sulla mia pelle, la fascia stretta al braccio e la corsa dopo il gol sotto la Sud. A dire il vero lo sogno ancora, ma allora pensavo, nella mia incoscienza infantile, che un giorno quel sogno si sarebbe potuto avverare. Un sogno che oltre a me, anche i miei amici avevano e facevano tutte le notti, quasi come un’ossessione. Perché il sogno di giocare nella propria squadra del cuore lo hanno fatto tutti almeno una volta, è proprio di tutti i bambini. E’ un po’ come i Lego o il Subbuteo, chi è che non ci ha mai giocato una volta in vita sua?

E quel sogno, tra i tanti, lo faceva in continuazione anche un ragazzo di Ostia, biondo, occhi azzurri. Il papà Alberto, sin dalla nascita gli aveva messo in testa la Roma e lui, la maglia giallorossa, sognava un giorno di poterla indossare. Per molti, anzi quasi per tutti, quello che era un bel sogno è rimasto tale. Ma per lui no. Perché quel ragazzo, innamorato della Roma, a pallone ci sapeva giocare, ed anche bene. A soli 14 anni al pallone dava già del tu, ci parlava e ci scherzava come fosse un amico. Sui campetti del litorale laziale metteva a segno un gol dopo l’altro lasciando tutti a bocca a aperta. Ed ecco che per il ragazzo di Ostia il sogno si avvera. E’ il 30 ottobre 2001. Allo Stadio Olimpico si sta giocando il secondo tempo della partita di Champions League Roma-Andrelecht. Sulla panchina giallorossa siede Fabio Capello. Il tecnico di San Canzian d’Isonzo, preso nel dare indicazioni alla squadra si gira, guarda la panchina ed indica il ragazzo: “Daniele vatti a scaldare”. Daniele sì, perchè quel ragazzo si chiama Daniele, Daniele De Rossi. Un po’ imbarazzato e con le gambe tremolanti si alza, si scalda e poi entra al posto di Tomic, dando vita, a soli 18 anni, al sogno di tutta un’infanzia. Quello che è passato in quei momenti nella sua testa solo lui può saperlo: di una cosa ne sono certo, ovvero che non c’ha capito più niente.

Ma il sogno realizzato quel 30 ottobre del 2001 non è nato e morto lì. Per Daniele De Rossi, il ragazzo nato ad Ostia e cresciuto con il giallo ed il rosso sulla pelle, era solo l’inizio di un qualcosa di ancora più grande. Perchè il suo sogno realizzato è diventato ben presto il sogno di un’intera piazza, quella piazza che con quella grinta, quella romanità e quella passione che lo contraddistinguono si è conquistato domenica dopo domenica. Quella giugulare infiammata e quella maglia cucita addosso ne hanno fatto il vanto di un’intera città. Il vanto di una tifoseria che in campo si rivede in lui, perchè Daniele prima di essere un giocatore è un tifoso della Roma. Un tifoso che è riuscito a realizzare il sogno di tutti noi. Da quel 30 ottobre 2001 di tempo ne è passato, di partite ne sono passate, di corse sotto la Sud e di giugulari infiammate altrettante. E c’è anche chi, forse perché invidioso che quel ragazzo il suo sogno, a differenza sua, è riuscito a realizzarlo, gli ha iniziato a dare contro: tacciandolo di essere il problema della squadra, dandolo per giocatore senza stimoli e strapagato. Alcuni, ma la sua curva e la sua gente no. Anche nei momenti più difficili gli sono stati accanto, mostrando sempre affetto verso una di quelle bandiere che il mondo ci invidia. Uno di quei giocatori che ti rendono ancor più orgoglioso di tifare la maglia che ami. Uno di quei calciatori di cui senti di non poter fare a meno, perché ti rappresenta e gioca, in campo, con quella stessa mentalità, quella passione e quell’attaccamento ai colori che provi e ci metti tu, sugli spalti, domenica dopo domenica.

Ieri sera il ragazzo di Ostia si è ripreso la Roma, scendendo in campo per la quattrocentesima volta in campionato con la maglia giallorossa indosso. Si è ripreso la Roma ed ha azzittito chi lo screditava. Noi no. Perché a noi ci ha sempre avuto dalla sua parte. E se ieri quella maglia doveva baciarla ancora, oggi deve baciarla all’infinito. Perché Roma vuole così, la sua gente, noi vogliamo così. Perché un momento di difficoltà non cancella i mille momenti felici assieme, lui con la nostra maglia e noi a gioire da dietro un cancello. Lunga vita ai figli di Roma…quattrocento volte Daniele De Rossi!

Edwin Iacobacci

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