CORRIERE DELLA SERA Mazzola compie 70 anni e dice: “Chi mi somiglia oggi? Totti”

Totti

(A. Bocci, F. Monti) – L’8 novembre Sandro Mazzola compirà 70 anni. Per l’occasione ha rilasciato una lunga intervista Il Corriere della Sera di cui vi proponiamo alcuni stralci:

Quanto ha pesato esser il figlio di Valentino Mazzola?
«Moltissimo. C’è stato anche un momento in cui avevo deciso di smettere con il calcio e di darmi al basket. Mi voleva l’Olimpia Borletti, dopo avermi visto in un torneo scolastico al campo della «Forza e Coraggio». Giocavo play e non ero male. Ad ogni partita di calcio, invece, dovevo sentire qualcuno del pubblico che diceva: quest’ chi l’è minga bun , l’è minga el so papà . Magari lo diceva una persona sola, ma a me sembrava che fossero mille. Per fortuna mio fratello Ferruccio è intervenuto: ma dove vuoi andare? Noi siamo fatti per giocare con i piedi, quelli invece lo fanno con le mani… È stata la svolta della mia vita».

È stata dura conquistarsi un posto da titolare nell’Inter?
«Tanto. Herrera era avanti anni luce rispetto alla media degli allenatori. È toccato a lui rivoluzionare gli allenamenti; a noi sembrava matto, ma da ragazzo, quando mi allenavo con le giovanili e guardavo che cosa facevano quelli della prima squadra, restavamo incantati. Lui allenava prima le testa e poi le gambe. E soprattutto: dieta rigida e massima professionalità. Lui veniva dal Barcellona e in Spagna andava di moda il 4-2-4. Ma allora non c’era la tv come adesso e non lo capivamo. Mi voleva far giocare attaccante, ma i difensori picchiavano e io pesavo soltanto 63,300 chili; io, anche pensando a mio padre, mi sentivo centrocampista. Nel campionato ’61-62 mi aveva fatto giocare l’ultima partita con il Lecco, una partitaccia, mai visto il pallone; poi niente, finché è venuto il mio momento: prima a Palermo, poi con l’Atalanta, infine con il Venezia e da lì è cominciata la storia. Alla fine del ’62-63 è arrivato il mio primo scudetto. Non avevo ancora 21 anni».

Fra Ancelotti, Paolo Rossi, Vierchowod, Platini e Falcao: quattro campioni, che non sono arrivati all’Inter fra il ’78 e l’84. Qual è il rimpianto maggiore?
«Platini: il più grande, per le doti individuali e perché ci avrebbe consentito il salto di qualità».

Chi le somiglia oggi?
«Totti».

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