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IL TEMPO L’Ad Fenucci «La Roma avanti in ogni caso»

Claudio Fenucci

(Il Tempo) Legge o non legge, vuole costruire il suo stadio. «Deve essere pronto per il 2016», l’ultimo messaggio lanciato dal presidente Pallotta. Claudio Fenucci, il dirigente più impegnato a Trigoria sul progetto, conferma che il club è pronto a partire.

Non state aspettando la legge?

«L’approvazione sarebbe opportuna e importante per tutti i club, perché consentirebbe di rendere più veloce l’iter per la costruzione di impianti».

E se non viene approvata?

«Anche in mancanza di una normativa specifica, c’è la possibilità di arrivare alla realizzazione di uno stadio, vedi il caso della Juventus».

La Lega ha avuto rassicurazioni?

«Il problema è molto sentito all’interno delle istituzioni calcistiche, però dovrebbe essere anche un preciso interesse della classe politica. La costruzione degli impianti, nel caso nostro e dell’Inter, comporterebbe l’impegno di azionisti provenienti dall’estero, pronti a immettere risorse finanziarie importanti nel nostro Paese».

Perché vi siete affidati a Cushman & Wakefield per il progetto?

«La Roma è un club quotato e voleva che anche il processo di identificazione delle aree fosse trasparente.

Siamo partiti da una lista iniziale di quasi cento opzioni per arrivare a una short-list di tre aree. A ogni zona è legato un suo business plan, potrebbero variare anche le attività collaterali allo stadio».

A quando la scelta definitiva?

«Non ci sono dei tempi definiti. Avendo Pallotta indicato la stagione 2016-17 come la prima da giocare nel nuovo impianto, è ovvio che tutto il processo subirà un’accelerazione».

Tor di Valle è l’opzione preferita?

«Vanno ancora fatte una serie di valutazioni, il piano è molto complesso. È importante determinare in maniera efficiente il prospetto di costi e ricavi, non solo la bozza del progetto architettonico».

E una volta scelta l’area?

«Inizierà un processo con le istituzioni, i tempi dipendono da tanti fattori».

Quanto è importante per il futuro della Roma?

«La mancanza di stadi è un problema economico, perché i ricavi da gare in Italia sono fra i più bassi d’Europa e l’età media degli impianti è la più alta.

Ma è anche un fatto culturale: contribuisce al processo di identificazione del tifoso col club, l’impianto viene percepito come una casa. Noi ci metteremo dentro il museo, la Hall of Fame e trasmetteremo un’immagine di sicurezza migliore».

È vero che chi costruisce lo stadio diventerà anche azionista del club?

«Allo stato attuale è un discorso assolutamente prematuro».


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