IL MESSAGGERO Zeman-De Rossi, scontro sul gioco

Zeman

(M. FERRETTI) – E ora che il caso è scoppiato in maniera a dir poco fragorosa, c’è chi è pronto a giurare cheZdenek Zeman già il primo giorno da allenatore della Roma avrebbe garantito ai dirigenti di Trigoria di poter fare a meno sia di De Rossi che di Osvaldo, perché non reputati adatti al suo gioco. E che, quindi, la società giallorossa poteva anche metterli sul mercato e cederli, tanto lui non si sarebbe opposto. Ecco perché, si dice ancora, la Roma si è affrettata ad acquistare Tachtsidis e Bradley per il centrocampo e Destro per l’attacco. Chiacchiere, verità o leggenda metropolitana? Chissà. Nelle ultime ore, del resto, nella Capitale ne sono girate di tutti i colori per tentare di dare una spiegazione certa alla mossa del boemo di lasciare in panchina i due azzurri contro l’Atalanta.

La verità vera, però, la sanno soltanto allenatore e giocatori. Si racconta, ad esempio, che alla base della doppia esclusione ci sia il duro faccia a faccia post Torino tra squadra e tecnico, presenti i dirigenti: durante la riunione di martedì scorso al Bernardini qualcuno del gruppo avrebbe mostrato grosse perplessità per la natura del (non) gioco della Roma e per allenamenti troppi pesanti. Visto che Zeman ha messo fuori squadra De Rossi (già assai critico nei confronti del gioco di Zeman negli spogliatoi dello Juventus Stadium) e Osvaldo (più Burdisso) è stato facile abbinare i nomi di quei due (più uno) alla “protesta” di martedì. Fuori per lite con il tecnico, dunque, e non per mancanza di impegno negli allenamenti, come spiegato da Zeman domenica pomeriggio.
Tutti negano; tutti confermano. A smentire questa tesi, ad esempio, c’è la confessione (non in via ufficiale, però) di un alto dirigente di Trigoria pronto a giurare su qualsiasi cosa che durante la riunione di martedì nessun giocatore si è lamentato; anzi, che nessun giocatore aveva parlato. Ecco perché la Roma, ieri, non ha preso ufficialmente posizione: per il management di James Pallotta non si è trattato di una punizione, bensì di una scelta tecnica e che quindi non c’è bisogno di prendere alcun provvedimento nei confronti degli esclusi. E da parte della società non c’è stato neppure alcun commento alle durissime parole di Zeman, di fatto avallate dai dirigenti con il silenzio. Dunque, De Rossi e Osvaldo (e Burdisso) anche per i tanti direttori che lavorano al Bernardini non sono professionisti seri. E oggi con un valore di mercato assai ridotto rispetto a quello stimato alla vigilia della gara con l’Atalanta. E pensare che nella passata stagione proprio De Rossi e Osvaldo erano stati puniti l’uno per aver ritardato cinque minuti ad una riunione tecnica e l’altro per aver litigato con Lamela: nulla a che vedere con l’accusa di mancanza di professionalità, forse l’etichetta più pesante per un professionista. E allora perché la società, se sta dalla parte di Zeman, non interviene contro i giocatori? Ribadito per l’ennesima volta che un allenatore è libero di prendere qualsiasi tipo di decisione e che un calciatore ha il dovere di accettare le sue scelte, va aggiunto che sia De Rossi che Osvaldo hanno preso malissimo più le parole post partita del loro allenatore che la sua mossa di non farli giocare. Entrambi, però, hanno scelto (per il momento) di restare in silenzio («Nessuna conferenza, si parlerebbe di una sola cosa», ha detto ieri DDR a Coverciano, dove ha incrociato il padre Alberto impegnato al Supercorso), anche se da domenica sera stanno sempre più spesso ripensando a quanto accaduto nell’ultimo mercato, con quegli arrivi per centrocampo e attacco. L’unica cosa al riparo da chiacchiere e leggende metropolitane di tutta questa storia è che tra l’allenatore e i giocatori (meno Burdisso, forse) si è creata una frattura profonda. Nessuno, società, allenatore e giocatori, non ha il dovere di impegnarsi per ricomporla. Se c’è davvero la volontà di farlo. 

 

 

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