CORRIERE DELLO SPORT Zeman: calcio, etica e musica

Zeman in conferenza stampa

(R. Maida) –  Per una volta, Zdenek Zeman ha trovato un interlocutore meno diplomatico di lui. Un maestro di calcio accanto a un maestro di musica, il premio Oscar Nicola Piovani, si sono trovati sul palco del teatro Palladium a parlare di etica, politica e lavoro, in un incontro organizzato dal «Festival dell’intelligenza collettiva».

L’AFFONDO – Piovani, come si accennava, è stato molto duro su tutti i fronti. Parlando di Berlusconi ( «La gestione della leadership dell’ultimo ventennio è stata nefasta» ) e di evasione fiscale ( «Chi non paga le tasse non è furbo: è un mascalzone» ) ma anche raccontando la sua passione di tifoso romanista: «Mi piacerebbe che tanti campioni individualisti che giocano nella mia squadra andassero via da Roma…» .E nel corso del dibattito ha anche contraddetto Zeman, che nel paragone tra calcio e musica aveva detto: «La musica ha solo uno spartito da seguire, il calcio è fatto di tante componenti» . Piovani ha replicato: «Non è proprio così. Anche un’orchestra interpreta seguendo il talento. L’importante è che il talento non stoni con il collettivo» . E su questo punto, i due guru non hanno potuto che concordare.
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FILOSOFIA – Poi Zeman, senza fare riferimenti specifici, ha svelato all’uditorio i suoi concetti-base: «Il calcio per me è ancora un’attività ludica. Lavoriamo per divertirci e divertire la gente. Questo cerco di insegnare ai calciatori. Purtroppo nel tempo hanno preso il sopravvento gli interessi personali, rispetto a quelli del gruppo» . Forse qui pensava al caso Osvaldo-De Rossi di tre settimane fa. Ma non lo dice chiaro e tondo:«Come allenatore ho il dovere di intervenire per dare un esempio alla squadra. Così si guadagna la fiducia di un gruppo. Bisogna convincere il gruppo che certe decisioni sono prese nell’interesse generale. Poi è chiaro: posso sbagliare. Ma io sono responsabile di quello che succede in campo e anche fuori dal campo. E con il mio comportamento cerco di farmi seguire» .
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Zeman ha scherzato anche sulla sua fama: «Dicono che io incuta timore, che sia un allenatore rigido. Ma le regole servono e vanno rispettate. Inoltre a me piace allenare i giocatori che sembrano andare in direzioni opposte rispetto alla logica di squadra: alcuni hanno delle fissazioni, il mio compito è togliergliele. E quando questo succede, ottengo un grande risultato» . Che non è un trofeo ma per Zeman conta altrettanto: «Quando riesco a insegnare qualcosa, io sono felice. So bene che il talento è la principale componente del calcio: ma undici artisti non necessariamente battono undici artigiani. Il talento da solo non è sufficiente. La cosa migliore è amalgamare una squadra con gente brava con il pallone e gente brava a correre, coinvolgendo tutti nell’allenamento quotidiano. L’applicazione è fondamentale in ogni attività» . (…)
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