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IL MESSAGGERO Roma, non si gioca

Is-arenas

(U. Trani) – Il presidente Massimo Cellino, attualmente a Miami, nel tardo pomeriggio si affidato a un comunicato per contestare la scelta di far giocare la gara con i giallorossi a porte chiuse, invitando i tifosi a recarsi allo stadio comunale di Is Arenas. «E’ sicuro», si legge nella nota.Per le autorità locali, invece, è ancora un cantiere. Troppo rischioso farlo frequentare ai tifosi. Nel comunicato della Prefettura è chiaro il riferimento a Cellino: «Tale decisione si è resa necessaria per l’urgente e grave necessità di prevenire ogni forma di turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica conseguente alle reazioni emotive, irrazionali e inconsulte ingenerate dall’invito formulato dal presidente del Cagliari calcio».
Porte aperte: la posizione intransigente della società sarda fa saltare l’incontro di oggi pomeriggio. La forzatura di chiamare a Quartu Sant’Elena, comune a sette chilometri dal centro di Cagliari, circa tremila abbonati e altri duemila tifosi che hanno acquistato il biglietto per la partita contro la Roma di Zeman, diventa fatale. Nei telegiornali regionali sono state mandate in onda le telefonate di chi si è informato, nella giornata di ieri, sulla possibilità di avere il rimborso del tagliando. Dalla sede del club rossoblù è stato consigliato ai tifosi di non avviare la procedura perché la situazione a breve sarebbe stata risolata. In che modo lo si è scoperto a fine pomeriggio. Con il comunicato voluto da Cellino. Il testo, firmato dallo stesso presidente e divulgato a meno di 24 ore dall’inizio dell’incontro, non agevola certo il compito di chi deve garantire la sicurezza dentro e fuori lo stadio di Is Arenas. «La Società Cagliari Calcio, rappresentata dal Presidente Massimo Cellino, i tesserati e tutti coloro che lavorano per essa, visto il perdurare della situazione che porta a non vedere più un futuro per via delle difficoltà burocratiche ed il disinteresse collettivo delle istituzioni, invita e chiede a tutti i suoi tifosi, titolari di biglietto e abbonamento, di recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari-Roma nel rispetto dell’ordine e della civiltà.

La Società Cagliari Calcio e i suoi ingegneri reputano infatti la struttura agibile e sicura. Questo atto, assolutamente pacifico, spinto dal dolore e dalla frustrazione, per difendere il diritto di esistere. Viceversa è giusto prenderne atto». La commissione provinciale di vigilanza, però, insiste. L’impianto, 16.200 posti a sedere, è ritenuto non idoneo, anche per le perplessità del Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia) circa le condizioni di sicurezza all’esterno dello stadio. Le due squadre, ad esempio, avrebbero dovuto spogliarsi, e con i giocatori anche i sei arbitri, a trenta metri di distanza dal recinto di gioco nel palazzetto dello sport di via Beethoven (sono state appena cambiate le panche che erano troppo piccole, essendo usato solo per basket, danza sportiva e pallavolo). Ecco motivato il parere di «non conformità» dato dalla commissione e accettato dalla Lega calcio. Non è insomma cambiato niente da Cagliari-Atalanta (2 settembre), anche quella giocata a porte chiuse, nonostante i lavori fatti in questa settimana per rendere agibile il parcheggio e l’accesso in tribuna. Ieri sera nuova riunione in Prefettura, iniziata alle 23 e con la Roma preoccupata perché tenuta all’oscuro fino a a tarda notte (il rinvio è stato notificato al dg Baldini alle ore 1,30), dopo il no ufficiale alla presenza dei tifosi arrivato nel pomeriggio e dopo la replica per iscritto del presidente Cellino. Il prefetto Giovanni Balsamo ha preso malissimo l’iniziativa del Cagliari e ha deciso di non far giocare la partita. La Lega calcio ha provato, restando in contatto con la Prefettura di Cagliari, a convincere Cellino a fare marcia indietro, magari con un altro comunicato. Niente da fare. La Federcalcio, infuriata, sta pensando di deferire Cellino. «Non è mai bello giocare a porte chiuse perché il calcio si fa per la gente» ammette Zeman, contrario alla chiusura al pubblico. Mai, però, avrebbe pensato che la situazione degenerasse.


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