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GAZZETTA DELLO SPORT «È il mio anno zero. Prandelli e Zeman mi rilanceranno. E con Balotelli…»

Totti ed Osvaldo esultano

(A.Elefante) Qualcosa è cambiato, e forse qualcosa è poco. Ascoltare oggi Pablo Daniel Osvaldo che cerca le parole, le usa per specchiarsi e darsi colpe che in passato gli veniva più facile attribuire agli altri, le misura quando un tempo gli capitava di buttarle lì di getto, induce a paralleli automatici: si cresce, non solo come calciatori. E probabilmente si diventa calciatori migliori, quando si cresce.

AVEVA RAGIONE PRANDELLI E’ una realtà oggettiva, nei fatti, che Osvaldo oggi sia un calciatore molto migliorato e un ragazzo cresciuto: pronto, dice, «a vivere il mio anno zero». E felice di farlo da noi, «perché il calcio italiano è ogni anno più bello, anche se c’è chi dice il contrario: in queste prime due giornate di campionato mi sono divertito un sacco». Non tutto è cambiato di lui e per lui: continua ad amare la musica e a preparare le playlist per gli altoparlanti dell’Olimpico quando gioca la Roma; porta ancora i capelli con la cipolla, anelli grandi come noci e al collo catene appariscenti; di sé insiste a dire che «non sono un cattivo ragazzo, e mi scoccia che in tanti sembrino avercela con me».

Non è cambiato quello che Prandelli pensa di lui, ovvero che è il prototipo dell’attaccante moderno. Non è cambiato quello che lui pensa di Prandelli e Zeman: «Prandelli credeva in me già ai tempi della Fiorentina, ma allora non ero pronto per fare il titolare. Con questa convocazione mi ha confermato la sua stima e aveva ragione lui a non scegliermi per l’Europeo: non ero troppo nervoso, ma nell’ultimo mese e mezzo non avevo fatto prestazioni all’altezza di un giocatore della Nazionale. E comunque alla maglia azzurra non ho mai smesso di pensare. A Zeman devo dire grazie perché il suo gioco offensivo agli attaccanti dà tantissimo, ma io lo so dai tempi di Lecce. E conoscere da allora i movimenti che chiede mi aiuta».

CAPIRE DAGLI ERRORI  E’ altro che è cambiato nel mondo di Osvaldo, e non perché non ci sono più deputati della Lega Nord che sentenziano: «Per colpa di convocazioni come la sua la Nazionale sta diventando una pensione per oriundi». Qualcosa «dai tempi dell’Espanyol: tutto è iniziato lì». Qualcosa nella sua testa, dunque nel carattere. «Cosa vuol dire cambiare caratterialmente? Anzitutto imparare dagli errori precedenti», e non venite a dirgli che il rosso che si è preso domenica sera a San Siro da Bergonzi pare dire il contrario: «Le immagini parlano da sole e non aggiungo altro, altrimenti è peggio per me». E altrimenti Zeman avrebbe parlato a vuoto: «Ha detto che devo diventare meno antipatico: io non lo sono, ma se sto così antipatico sarà anche un po’ colpa mia. Gli errori precedenti di cui parlavo sono stati soprattutto di atteggiamento: dovrò cambiarlo. Ci devo lavorare, senza dimenticare che alcuni arbitri capiscono e accettano il dialogo, mentre con altri è impossibile averlo».

CON GIOVINCO E’ FACILE  Di sicuro è molto più facile dialogare con Totti: «Il più forte con cui abbia mai giocato: in campo vede cose che noi comuni mortali non vediamo». E aspettando di farlo con Balotelli («Io e lui insieme? Perché no?»), anche con Giovinco, probabile compagno d’attacco di domani a Sofia, a cui lo lega un buon passato fra under 21 e Olimpica (10 gare) e una presenza in coppia con la Nazionale: «Ognuno dell’altro conosce tutto: caratteristiche, movimenti. E con giocatori così è tutto più semplice».

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