IL ROMANISTA De Rossi, la seconda occasione

Daniele De Rossi

(V. META) – Ricomincia da Danzica il sentiero interrotto a Vienna fra Daniele De Rossi e la Spagna. Interrotto da un calcio di rigore, l’ultimo che il centrocampista abbia calciato in Nazionale, neutralizzato da unCasillas che non poteva sapere come quell’Europeo fosse soltanto il prologo di un trionfo lungo due anni. De Rossi stasera riparte da lì per riprendere un discorso messo in pausa da una traiettoria sbagliata e rimasto in sospeso per quattro anni in attesa di una seconda occasione. Nel frattempo è cambiato tutto. La Spagna ha vinto tutto quello che si poteva, l’Italia è uscita dal Mondiale sudafricano con le ossa rotte e per aggiustarle ha chiamato Cesare Prandelli, uno che De Rossi l’aveva allenato per qualche settimana nell’estate in cui, appena ventunenne, si affacciava per la prima volta alla ribalta della Nazionale di Lippi (che dopo l’esordio con gol a Palermo contro la Norvegia per lui disse una sola parola, «fantastico»).

Quanto a De Rossi, in Spagna avrebbe potuto finirci davvero, perché il Real non ne avrebbe mai fatto una questione di soldi e invece è stato lui a farne una questione di cuore: altro che Galacticos, meglio una Roma da portare a vincere qualcosa. Di calci di rigore, però, da quella sera ne ha battuto solo uno (segnandolo) nella Supercoppa vinta ai rigori dall’Inter. Poi più nulla. Anche perché quello della notte viennese seguiva di pochi mesi un’altra notte da dimenticare, quella dell’Old Trafford bis. Altro rigore, palla alle stelle insieme alle speranze di rimonta della Roma contro il Manchester. De Rossi chiuse la partita in ginocchio sul prato, la fronte appoggiata all’erba, come se il senso di colpa fosse troppo pesante. Due mesi dopo, ancora undici metri stregati, ma almeno stavolta il rimorso se lo prese Di Natale. Quattro anni più tardi, il suo secondo Europeo è anche la seconda occasione. De Rossi ci arriva come uno dei tre soli reduci della sfida di Vienna in campo questa sera (gli altri sono Buffon e Cassano) e con tante responsabilità in più.

Allora aveva convinto Donadoni a dargli una maglia segnando la punizione che piegò la Francia e portò l’Italia ai quarti, dopo che all’esordio il ct lo aveva clamorosamente escluso preferendogli Ambrosini. Non era l’unico romanista, c’era anche un inedito Aquilani all’ala destra, che uscì prima dei rigori con 13 chilometri nelle gambe. Oggi a centrocampo De Rossi non ci sarà perché Prandelli ha preferito risolvere il problema dell’infortunio di Barzagli passando a una difesa a tre con il romanista al centro«Ma non è che farò proprio il centrale, diciamo che sarò una specie di collante fra difesa e centrocampo» ha spiegato due giorni fa in conferenza stampa.

D’altra parte, in questa stagione l’arretramento d’urgenza gli era diventato quasi familiare: in principio fu Roma Juve del 12 dicembre, Luis Enrique aveva finito i centrali e De Rossi si calò nel ruolo a perfezione. Solo che poi la mossa si è ripetuta anche quando i difensori c’erano e più di qualcuno si è chiesto se davvero valesse la pena privarsi del suo contributo a centrocampo. Prandelli invece non ha avuto dubbi: «Il mister mi ha chiesto di giocare lì e io ci vado, e non perché ci dobbiamo difendere contro la Spagna. Perché magari divento il miglior difensore del mondo». E magari riprende anche – per chiuderlo – un discorso interrotto quattro anni fa

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