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CORRIERE DELLO SPORT Tutti gli errori di Luis Enrique

Panchina As Roma

(A.Ghiacci) – Subito dopo la pesante sconfitta al Via del Mare, la prima a Lecce della storia romanista, il direttore sportivo giallorosso Walter Sabatini è stato molto chiaro:«Abbiamo toccato il punto peggiore della stagione». A questo punto, dopo nove mesi dalla partenza della nuova avventura, i numeri della Roma sono quantomeno preoccupanti.

Dei 14 ko stagionali, Dopo la 14ª sconfitta stagionale a Lecce tornano in discussione gli schemi, i metodi di lavoro e il futuro del tecnico spagnolo 12 sono arrivati in campionato: il record negativo delle ultime dieci stagioni, quello relativo alla serie A 2004-2005, chiusa con cinque allenatori e ben 15 sconfitte, è dietro l’angolo. E adesso i tifosi giallorossi cominciano a interrogarsi davvero, con ancora maggiore perplessità rispetto ai vari passi falsi accusati finora. Al centro della discussione non può non esserci lui, il tecnico scelto per il nuovo corso: Luis Enrique.

La colpa è sua? O comunque solo sua? L’allenatore spagnolo ha manifestato tutti i suoi dubbi sabato scorso in campo, quando invece della solita attiva partecipazione alle fasi di gioco, dopo il vantaggio leccese, si è seduto senza dare più segnali della consueta vitalità. Superato lo choc però – assicurano da Trigoria – Luis Enrique si è rimesso a lavoro quanto e più di prima, convinto come sempre che i suoi metodi, tra novità importate e scelte tattiche, siano in grado di garantire successi. Ma cosa viene imputato all’ hombre vertical più di ogni altra cosa? Nulla in particolare, se non l’andamento maledettamente altalenante. Proviamo allora a capire quali e quanti sono i possibili/probabili errori dell’ex allenatore del Barcellona B. E a vedere quanto e come possano incidere sul rendimento della Roma. Un rendimento che oggi, come detto, non soddisfa più la totalità del popolo giallorosso, diviso, come spesso accaduto in passato per altri personaggi, tra pro e contro.

LA TATTICA
Movimenti scontati: tutti sanno come battere la Roma
Il dilemma tattico relativo alla Roma è lo stesso che va avanti ormai da settimane: il calcio cosiddetto alla catalana è attuabile nel campionato italiano? E se sì in che misura? Vale a dire: possibile che l’ormai famosa «proposta» di cui parla spesso e volentieri Luis Enrique sia così intoccabile da portare a volte al tracollo senza che non si possa correre minimamente ai ripari? C’è stato un mese, il migliore della stagione, a cavallo della sosta natalizia, in cui la Roma sembrava aver superato qualsiasi problema: dalla doppia vittoria in trasferta tra Napoli e Bologna, per arrivare ai successi sul Chievo e in coppa Italia con la Fiorentina. Lì i giallorossi hanno dato la sensazione di giocare davvero bene, sono maturate l’impressione e la convinzione, poi sostenute fortemente e a più riprese a Trigoria, che la squadra avesse una sua precisa identità. Con il tempo però, sono arrivati i problemi e la Roma ha fatto più di un passo indietro nel percorso di crescita.

PREDA Non appena gli avversari hanno preso le contromisure necessarie, la Roma è diventata una preda facile da attaccare. E facile da mettere sotto. Soltanto nell’ultimo periodo, tra la sfida di Palermo, quella col Genoa all’Olimpico e la trasferta in casa del Milan, si è visto qualche correttivo teso a rafforzare la fase difensiva. Due vittorie per 1-0 prima dell’ingenua sconfitta di San Siro che ha rimesso in discussione tutto. «La proposta non è negoziabile» dice Luis Enrique, puntando su gioco d’attacco e qualità, convinto che con queste armi prima o poi arriveranno le soddisfazioni. Il problema però sta proprio qui: oggi nella bilancia giallorossa le delusioni pesano ancora molto di più.

LA DIFESA
Subita una valanga di gol: molti, troppi da imbucata centrale.

C’è un numero che rende perfettamente l’idea di uno dei principali problemi della Roma di quest’anno: 41 gol subiti in 31 partite di campionato. Le reti incassate salgono a 46 se aggiungiamo le quattro partite di coppa. Troppe davvero per una squadra che deve e vuole puntare a essere competitiva nel minor tempo possibile. Va bene la proposta, va bene l’idea, ma il calcio è fatto anche – e in Italia soprattutto – di fase difensiva. Oggi la difesa si chiama così, perché nel calcio moderno vi partecipa tutta la squadra, a partire dagli attaccanti. Quella della squadra di Luis Enrique però sembra funzionare poco e male. Frutto, anche, di uno schieramento molto sbilanciato: si punterebbe a fare un gol più degli avversari, ma il più delle volte ciò è difficile se non impossibile. E la scena che i tifosi giallorossi, loro malgrado, hanno visto troppe volte quest’anno, è quella dell’attaccante avversario che si invola indisturbato verso la porta romanista.

BUCO A Lecce è andato in scena il solito spartito. Con i difensori della Roma presi in clamoroso controtempo da Muriel e Di Michele. Due parole che ormai dalle parti di Trigoria conoscono fin troppo bene: imbucata centrale. Una difesa troppo alta, o comunque poco attenta. Ecco allora che anche Muriel, dopo Klose, Ibrahimovic, Denis e tanti altri colleghi di serie A, ne ha approfittato. il colombiano del Lecce, in occasione del suo secondo gol, ha messo a segno la seconda rete che la Roma ha preso da fuori area: altre 32 subite in campionato (esclusi i 7 rigori quindi) sono arrivate dall’interno dell’area di rigore. Ecco il punto: gli altri dalle parti del portiere giallorosso ci arrivano con grande facilità.

L’ATTACCO
Che involuzione in fase offensiva: si fatica a segnare.
D’accordo, si penserà, la difesa è da registrare ma almeno l’attacco darà grandi soddisfazioni.Vero soltanto fino a un certo punto. Perché l’altra grande realtà emersa dopo la gara di Lecce, che in passato si era affacciata più volte sul mondo giallorosso, è che la Roma spesso faccia fatica anche ad affacciarsi in maniera pericolosa dalle parti del portiere avversario di turno. Presente i problemi di inizio stagione, con una manovra accusata di svilupparsi troppo in orizzontale e a volte fine a se stessa? Bene, la squadra di Luis Enrique sembra tornata indietro di qualche mese, quando veniva criticata per la non capacità d creare occasioni rispetto alla mole di possesso-palla e di supremazia territoriale (cioè il possesso nel campo della squadra avversaria). E non possono valere in questa riflessione i due gol del Via del Mare segnati da Bojan e Lamela: sono arrivati quando la squadra di Cosmi, forte del 4-0, ha tirato i remi in barca.
PROVA In questo senso è abbastanza indicativo quanto accaduto nella partita dell’Olimpico contro il Novara, giocata dieci giorni fa. Il 5-2 contro gli uomini di Tesser rappresenta il secondo miglior successo dopo il 5-1 contro il Cesena dello scorso gennaio. Ma nessuno dei cinque gol giallorossi è nato dalle trame studiate da inizio stagione. Anzi, le reti sono frutto di iniziative personali. Nel gol di Marquinho c’è un numero di Osvaldo che dribbla un avversario e mette in mezzo dalla fascia, poi lo stesso Osvaldo ha segnato sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Ancora: il cucchiaio di Simplicio dopo un’incursione personale centrale, e le volate di Bojan e Lamela, partiti palla al piede da molto lontano. A Lecce invece nulla di nulla: né gioco, né iniziative personali.

LE SCELTE
Il rapporto tra Lucho e il gruppo sta dando segnali di tensione.
A questo punto anche il rapporto tra Luis Enrique e la squadra merita una riflessione. Come vanno le cose tra il capo e il suo gruppo? In linea di massima bene, con i giocatori che più volte hanno elogiato il lavoro del tecnico, le novità importate, i suoi metodi. Ma evidentemente, se poi in campo l’impegno è pressoché nullo, non tutto va per il verso giusto. Perché una squadra che crede fortemente all’allenatore, si impegna molto di più di quanto la Roma ha fatto a Lecce. E allora quali potrebbero essere i problemi? Tutto ok per quanto riguarda le libertà concesse, ovviamente. «Poche regole, ma chiare e uguali per tutti» ha sempre detto Luis Enrique. Che ha sì concesso ampia libertà ai suoi, ma al minimo errore ha usato il pugno di ferro: il caso-De Rossi esploso nel pomeriggio di Bergamo è l’esempio lampante, con il miglior giocatore, quello maggiormente rappresentativo, escluso per un lieve ritardo all’appuntamento della riunione tecnica.FORMAZIONE – Bene invece l’abolizione dei ritiri e i viaggi in giornata per le trasferte che il calendario permette di affrontare in meno di ventiquattro ore tra andata, partita e ritorno. Il problema semmai è un altro: il fatto che la formazione viene comunicata soltanto all’ultimo momento, sul pullman che porta la squadra allo stadio o direttamente nello spogliatoio poco prima dell’inizio del riscaldamento. Questo a volte è sembrato causa di inquietudine e imbarazzo per i giocatori. Sabato scorso a Lecce l’ultima punizione: Luis Enrique, per la prima volta, non ha fatto cambi e ha tenuto in campo per tutta la partita gli undici che l’avevano iniziata. Per il tecnico erano colpevoli della figuraccia che stava andando in scena.

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