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IL MESSAGGERO. “Era meglio stare zitti”

Osvaldo e Lamela

(U.Trani) Dani bacia il Tapiro come fosse la Coppa del Mondo. Il gesto, però, non deve trarre in inganno. Pablo Daniel Osvaldo, sancita la pace con Lamela nella cena di martedì sera con tutta la squadra, è abbastanza seccato per l’esposizione mediatica data alla vicenda. Non c’è l’ha certo con l’inviato di«Striscia la notizia» che ha trovato sotto casa al Torrino, poche ore prima della serata della riconciliazione: tranquillo e allegro, non scansa le domande e risponde sempre con il sorriso. Il suo affondo è sulla gestione del caso da parte della Roma. Della dirigenza più che di Luis Enrique che si è preso tutta la responsabilità del doppio provvedimento («su input del tecnico» si legge nel comunicato del club giallorosso). Mettere in piazza il litigio del Friuli è stato un errore grande così. «Mi dispiace molto, ma certe cose devono rimanere nello spogliatoio»puntualizza l’italoargentino. «Non è bello quando succedono, ma accadono da sempre. Però, devono restare lì, tra noi», insiste. Osvaldo, pur ammettendo di aver sbagliato, non ha preso bene la duplice punizione, considerata eccessiva. Oltre la multa pesante, solo a lui (Lamela salvato), la squalifica per una giornata. Senza dirlo apertamente in prima persona, per capire il suo stato d’animo sono bastate, lunedì pomeriggio, le parole del suo procuratore Dario Decoud: «E’ stato fatto un gradissimo casino, speriamo che Dani non sia massacrato». È il pensiero dell’attaccante che due giorni dopo, durante la consegna del Tapiro, conferma in pieno la tesi del suo manager. Del resto, nel mondo del calcio, in tanti la pensano così. Da Conte, l’allenatore della Juve prima in classifica, a Capello, il cittì dell’Inghilterra che ha ancora tra i suoi collaboratori, da manager, proprio il dg giallorosso Franco Baldini che domenica si è preso l’onere, davanti alle telecamere di Roma Channel, di raccontare l’episodio, amplificando di conseguenza il violento diverbio di venerdì sera. «E’ stato un litigio, come ce ne sono tanti e da sempre. A me non piace mai perdere: con le pulsazioni a duecento ho fatto una cazzata. Ma è una questione chiusa, speriamo che non se ne parli più» sospira Osvaldo, davanti al microfono. «Dopo cinque minuti ero già pentito e ho chiesto scusa a tutti. Erik è un bravissimo ragazzo, fortissimo». Parole che, dopo la cena di martedì sera, servono a offrire un’immagine migliore dello spogliatoio della Roma. Il gruppo è unito, i giocatori sono legati tra loro e al centravanti, in questi giorni, lo hanno dimostrato tutti, a cominciare da Lamela, cercando di forzare la mano a Luis Enrique: i compagni spingono Dani a Firenze, lo vorrebbero nella lista dei convocati per la partita al Franchi. L’asturiano, però, non ha alcuna intenzione di ritirare. Due i motivi: 1) Osvaldo è un titolare inamovibile, voluto fortemente dal tecnico che, punendolo, mette il rispetto al primo posto e avverte di non essere disponibile a far sconti a nessuno; 2) Luis Enrique, elargendo diverse concessioni ai giocatori (dai giorni liberi durante la settimana, ieri l’ultimo, all’abolizione del ritiro per le gare casalinghe), pretende che i calciatori seguano alla lettera le regole. Comportamentali e in assoluto di convivenza all’interno del gruppo. A cominciare dagli orari. A Trigoria il controllo è cartaceo. C’è un registro che viene ritirato un’ora prima dell’inizio dell’allenamento (quando si iniziava alle 10,30, veniva tolto alle 9,30 e adesso, con l’ingresso in campo alle 14, sparisce alle 13): ogni giocatore deve firmarlo. Se non fa in tempo a siglare la sua presenza, riceve una multa. I recidivi possono uscire anche dalla lista dei convocati. Ora si comprende come mai a Bojan sia stata ritirata la patente (la prima delle due volte in meno di tre mesi) per un sorpasso in corsia di emergenza e alcune mancate convocazioni di Cicinho (punito anche per un minuto di ritardo). Il Parma, intanto, ha chiesto Simplicio (c’è pure il Bologna) e Cassetti. Appuntamento la prossima settimana, con la Roma che cercherà di riscattare subito Borini (7 milioni in tre anni), risparmiando qualche milione per avere l’intero cartellino dell’attaccante (e sugli ingaggi dei due partenti). Per giugno, Sabatini è in vantaggio sull’Inter per il giovane esterno d’attacco Markovic, 17 anni, gioiello del Partizan (6 milioni).

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