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IL ROMANISTA. Bojan: “Qui sono felice”

Bojan Krkic
Bojan Krkic

(L.Pelosi) Sarebbe normale chiamarlo Bojan, perché lui vuole così e perché sulla maglietta c’è scritto così. Poi ci sono quelli che vogliono far vedere che sono bravi e lo chiamano Krkic. Poi ci sono anche quelli che vogliono far vedere che sono bravissimi e lo chiamano addirittura Perez.
Chiamatelo come volete, ma per scoprire chi è il Bojan di oggi, basta leggersi la lunga intervista rilasciata dal giovane spagnolo (su questo concordano anche i bravi e i bravissimi) a Sport. «La mia nuova vita a Roma va sempre meglio – esordisce – ogni giorno mi abituo sempre di più. Sono molto attaccato alla mia terra, dove ho vissuto tutta la vita tra Linyola, Mollerussa Bellpuig, Barcellona… muovendomi fra queste zone. Sono una persona sensibile e tutti questi cambiamenti li ho notati più di altri. Ma ogni giorno che passa mi trovo sempre meglio, perché alla fine, il motivo per il quale sono venuto qui è il calcio». E allora parliamo di calcio. «Grazie a Dio sta andando bene, non solo perché ho segnato il mio primo gol, ma anche perché ho giocato diversi minuti, sto recuperando la sensazione di sentirmi importante e di essere felice con il calcio».
La felicità spesso coincide con la semplicità. «Dalla volontà con cui mi alzo la mattina, dalla voglia di allenarmi e sapere di servire per ottenere un risultato. So che devo lavorare per giocare, ma so anche che sarò ben ricompensato e avrà i numeri per giocare il fine settimana e questo mi servirà per avere fiducia in me stesso. È molto spiacevole non avere fiducia in se stesso perché alla fine non sfrutti quello che veramente sei, qui sto recuperando tutto questo». Se sto tornando ad essere un calciatore? «Sì, è questo». Semplice. Il nuovo Bojan in realtà è comparso già a Barcellona. Con una conferenza stampa di addio, dove anche in Catalogna hanno scoperto un ragazzo diverso. «Ma non era preparata – racconta lui – Sia io sia chi mi circonda, non volevamo andare via dopo tanti anni senza dire nulla o con un semplice comunicato. È stata una conferenza stampa molto emozionante per me, perché tutto quello che ho detto erano i miei veri sentimenti, nel bene e nel male. Ho voluto ringraziare il supporto che ho sempre avuto da tifosi e per tutto ciò che circonda il Barcellona, perché ero, sono e sarò sempre un blaugrana». E cosa rimane di Barcellona? «Il Barcellona è stata la mia vita. Il Barça mi ha insegnato molte cose e non solo a livello calcistico, ma anche nella Cantera, negli allenamento e nei tornei. Mi ha insegnato a vivere. Mi sento privilegiato ad essere del Barcelona e ha aver avuto l’opportunità di giocare in questo vlub club. Non butto via niente, neanche i momenti brutti, perché ho sempre detto che è difficile cancellare i momenti negativi, ma quando li incontri e li e superi ti darà la maturità e la forza di gestire tutto ciò che troverai nella vita. La vita che conducevo nel calcio era fatta di successi solo, successi e successi. Non c’erano fallimenti, non c’erano giorni tristi, ho sempre segnato e abbiamo vinto trofei. E’ stato un po’ irreale. Avevo bisogno di capire com’era la vita. Mia madre mi dice che ho passato situazioni a 21 anni che lei ha passato oltre i 30. Essere al Barça è straordinario. Sfrutti il fatto di essere in una squadra storica, a volte sei importante e sei vicino a casa e alla famiglia…Tutto ciò è straordinario. Ma io sono un calciatore e il fine di un calciatore è giocare a calcio e ho sentito che questo veniva meno. In particolare l’anno scorso ho visto che dovevo fare il grande passo, sapendo che tutto era straordinario tranne il minutaggio».
Ed ecco il momento fatidico, quello di andarsene per Roma: «Ricordo che i miei genitori mi hanno chiamato in tarda notte, erano molto felici, e mi dissero che con la Roma era fatta. Erano molto contenti perché volevano vedermi di nuovo felice. Però mia madre ha notato qualcosa di strano e mi ha chiesto: “Non sei felice?”. Io lo ero, ma ero anche triste. Era una doppia sensazione. Si apriva la porta di un grande club dove avrei potuto ristabilire la fiducia in me stesso, però mi sono venuti in mente anche i dodici anni passati al Barça. Non mi sarei mai immaginato un’altra maglia. Alla fine è qualcosa che ho digerito, grazie alla società e ai tifosi della Roma mi sento meglio ogni giorno. Ho lasciato persone straordinarie. Io li vedo come compagni e come amici, non come calciatori. Per esempio Iniesta, Puyi (Pujol, ndr), Xavi, Víctor Valdés, Gerard… Ho vissuto tante cose con loro. Siamo ancora in contatto. Con Andres parliamo molto, siamo molto amici. Gli chiedo della sua bambina, lui mi chiede della mia vita a Roma. Dopo ogni partita mi manda messaggi e io faccio lo stesso. Quando li vedo in TV, ho la sensazione che li vedrò molto presto. Sono persone che mi mancano davvero, ho un affetto molto speciale. Il mio sentimento per il club è molto grande, è sempre stato così, ho pianto e riso al Camp Nou. Al Barcellona sono stato molto felice, sono stato molto bene e so che sarei sempre molto felice, però il presente mi ha portato a essere qui, in un buon club. Il mio obiettivo è ora quello di divertirmi ancora una volta per essere felice. Dipende da me e dalle mie prestazioni se potrò tornare al Barça o rimanere qui. Alla fine, nella vita non si sa mai cosa succederà. Ma ora a Roma sono felice: quando credi che una situazione che vivi sia brutta, può trasformarsi nel miglior regalo di tutta la tua vita». E per Bojan, a parte le nostalgie, è sempre più Roma. Ieri infatti Marca ha riportato la notizia secondo cui Bojan, pur essendo ancora in età per disputare il suo terzo Europeo Under 21 dopo quelli del 2009 e del 2011 (quest’ultimo vinto), non vestirà più la maglia dell’Under 21 spagnola. Il ragionamento dei dirigenti della federcalcio spagnola è che, scrive Marca, «un calciatore che è stato protagonista di uno dei trasferimenti più cari del mercato della serie A italiana deve necessariamente aspirare alla nazionale maggiore». Oltretutto, ricorda il quotidiano spagnolo, a testimoniare il valore assoluto di Bojan c’è il fatto che nella nazionale maggiore, quella che poi ha vinto il titolo mondiale, l’attuale n.14 della Roma ha già esordito il 10 settembre del 2008, quando aveva appena 18 anni ed un mese e c’era il rischio che venisse convocato dalla Serbia. Uno così non può quindi far più parte dell’under 21 ma deve risalire definitivamente la china, farsi rimpiangere dal Barcellona per poi tornare ad indossare la maglia della nazionale campione del mondo. E può farlo solo facendo vincere la Roma, la squadra che ora lo rende felice. È tanto semplice, la felicità.

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