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GAZZETTA DELLO SPORT. Ma Luìs Enrique non ha perso

Luis Enrique

(L.Garlando) Una sera a Londra, scherzando con Franco Baldini, imminente d.g. della Roma, facevamo notare che Luis Enrique sembra tanto il farmaco generico, che costa meno di quello di nome, ma ha lo stesso principio attivo: Barcellona.

Baldini precisò che non si trattava di prezzo, ma di messaggi.Guardiola ne avrebbe trasmesso uno sbagliato: vincere subito. Il rampante Luis Enrique invece è lo spot di un progetto coraggioso che ha bisogno di tempo e pazienza. Lo spagnolo ci sta provando con tutta l’anima, pur nelle difficoltà tipiche di ogni alba rivoluzionaria. Vuole cambiare gioco e abitudini, portare aria nuova.

Il più è da fare, ma qualcosa ha già fatto. E domenica sera abbiamo sospettato che la sua aria nuova potrebbe far respirare meglio tutti. Luis Enrique ha perso il suo primo derby, interrompendo una striscia di cinque trionfi. Ha perso puntando sul giovane Kjaer, colpevole del rigore decisivo. Mica poco, nell’Urbe. Come uscirne? Pizarro, allenato da dieci anni d’Italia, lo sa bene. Dando la colpa all’arbitro, per esempio: «Non parlo dei furti». Vittime. Come Moratti, come Conte, che pur non sembrava più in debito del Chievo. Ancora ieri il d.s. Sabatini criticava l’opportunità della designazione di Tagliavento. Oppure Luis avrebbe potuto aggrapparsi a Totti, che a Roma funziona sempre. Avrebbe potuto recriminare come un telegiornalista ieri: «Ci fosse stato Totti, negli ultimi minuti avrebbe sgonfiato il pallone e la Lazio non avrebbe vinto». Osvaldo ci ha messo un amen ad adeguarsi con la sua maglietta paracula. Un omaggio al capitano assente? Bello, ma avrebbe potuto scriverci: «Francesco, questo gol è per te». Fare eco alla celebre scritta lassativa di Totti va oltre l’omaggio, è una pettinata alla curva.

Né arbitro, né Totti. Né accuse, né rimpianti. Luis Enrique, a fine partita, ha parlato semplicemente di calcio. Visibilmente affranto, ma sereno. Ha spiegato tutto, con una logica disintossicata dal risultato e dall’appartenenza. Già questa è aria nuova, per noi. Ha spiegato anche Kjaer, la contraerea studiata per Klose e Cisse. Un errore preferirlo all’esperto Burdisso? Forse. Ma, per far crescere la personalità di un giovane, vale più un derby perso male che dieci partite impeccabili contro squadre piccole. Luis sa di essere il principio attivo sotto costo chiamato a costruire il futuro di Roma, deve guardare oltre l’orizzonte di un derby. Lo sta facendo con passione e onestà. Per questo domenica notte non aveva la faccia di uno sconfitto. E, ad ascoltarlo, respiravamo bene tutti.

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