CORRIERE DELLO SPORT. De Rossi: “Firmero’, ma il contratto era meglio farlo prima”

Daniele De Rossi

(A. Santoni) – Daniele De Rossi, è inizia­ta una stagione particolarmente impor­tante per lei. Vogliamo partire dal cam­po e da questo suo nuovo ruolo davanti alla difesa?

«Tutti a dire che c’è stato questo arre­tramento. In realtà già c’è stata una pic­cola variazione di posizione, sono torna­to a fare ciò a cui ero abituato».

Prandelli ne ha parlato come se si trat­tasse di una sorta di ruolo paracadute per una squadra alla ricerca di equili­brio. Per il ct il suo futuro sarà ancora quello di centrocampista avanzato, da­to che ha almeno 7-8 gol a campionato nei piedi. «E’ vero. In passato ho sfruttato la posi­zione più avanzata per segnare. Ma sa­rà il mio allenatore a dire e a scegliere la soluzione migliore. Io poi non smanio per cercare il gol. Sono soddisfatto del mio contributo che do alla squadra».

De Rossi vota per De Rossi centrome­diano,insomma«Non lo so, ripeto, vediamo in futuro, di­penderà da come starò io, da come sta­ranno i miei compagni. Ci sono Pizarro, Viviani. Penso che certe scelte vengano fatte per il bene della squadra. Luis En­rique non viene da Marte, è stato già lui a dirmi che devo stare più avanti, così rispetto a Par­ma, con l’Atalanta, come ho detto, ho giocato più avan­ti ».

Ma allora come si defini­rebbe sul piano tattico? «Mi sento regista, centro­campista, mezz’ala. Nello spogliatoio si scherzava. Mi dicevano all’inizio che questa è l’anticamera di un ruolo da difensore centra­le».

Il segreto che allunga la carriera, anche se è presto per fare certi discorsi«Appunto, la carrie­ra te la allungano la testa e il fisico».

Luis Enrique l’ha convinta parlando del Barcellona e della trasformazione di Mascherano… «No, abbiamo fatto riferimento solo al Barcellona B. Ho visto delle cassette in cui il regista si abbassava tra i due cen­trali. D’altra parte parlare del Barça fa male a tutti, troppo bravi. Però vi assi­curo che anche nell’ex squadra di Luis Enrique il ragazzo che copriva quel ruo­lo era davvero bravo. Ora non mi ricor­do il nome ma era proprio bravissimo».

La vittoria contro l’Atalanta ha risiste­mato la classifica. E della Roma si tor­na a parlare in chiave scudetto«Ma noi prima delle ultime due partite eravamo candidati a… retrocedere. Pe­rò io dico: è cambiato tutto da noi; i gio­catori, la società, l’allenatore. Ora sei lì, in classifica. Continuiamo così, e vedre­mo poi dove potremo arrivare».

Il momento peggiore comunque è alle spalle. «E’ stato un salto enorme, per l’ambien­te. La nuova proprietà si vedeva poco. Eravamo un po’ spaesati. Non dimenti­chiamo che coi Sensi stavamo da Dio. Con Rosella per ho sempre fatto fatica a darle del lei. Però magari adesso for­se è un bene che noi tutti si tratti con un’azienda».

Un giudizio sul presidente DiBenedet­to«E’ uno che conosce il calcio meglio di tanti giornalisti e dirigenti, è un tipo sveglio, anche se viene da una realtà in cui il calcio è poco seguito».

Ora che la società ha tutti i tasselli al proprio posto, ci si aspetta il rinnovo del suo contratto. A che punto siamo?«Pe me se ne parla tanto e a sproposito. Cifre non esatte, questo mi dispiace. Io ho preferito tacere, confrontandomi so­lo col mio procuratore e con la società, con la quale mantengo rapporti eccezio­nali ».

Talvolta il silenzio può essere frainteso«Ma io non ne parlo perché stiamo an­cora trattando, e proprio perché non vo­glio essere frainteso, è così».

Faccia almeno la fotografia della situa­zione attuale«Sono certo che si arriverà ad una solu­zione che accontenterà tutti. La situa­zione comunque è tranquilla, siamo in una fase di studio o di stallo».

La Roma parla di un’intesa sulla parte variabile del contratto mentre manca quella sulla parte fissa«Non ci sono accordi né su la prima né sull’altra. Vedremo cosa vuol dire la nuova parte variabile. Ora i nuovi con­tratti sembra che non si possano fare al­trimenti. Ci sono delle offerte, starà a me accettarle o meno».

Ma si potrebbe fare anche, nella peg­giore delle ipotesi, quella di De Rossi alla Méxes che va via a parametro ze­ro? «Non andrò via a parametro. Per il re­sto dipenderà, se troveremo un’intesa o meno. Ma io non metto pressione né fisso date utili; non è da me, stonerebbe molto per il mio rapporto con la gente e la società. Pur­troppo bisognava che questo contratto fosse fatto molto prima. Diciamo co­munque che l’idea è di fare altri 5 anni alla grande qui, poi un’esperienza lonta­nissima come cultura e chilometri: se ci sarà un’opportunità mi piacerebbe far­lanel calcio di un Paese lontano. Penso alla Cina, al Giappone, agli Stati Uniti».

Mai un De Rossi come Pirlo? Dal Milan alla Juve, e lei ha capito cosa vogliamo dire… «Ci sono due tre squadre, ci sono piaz­ze che mi piacciono, come blasone, or­ganizzazione o fascino. Prendiamo Na­poli: io escludo al 100% di poter un gior­no giocare lì ma vedere il San Paolo che canta in Champions è stata un’emozio­ne. Eppure, dico: mai in Italia se non alla Roma. Al limite potrei passare all’Ostia Mare».

Torniamo al campo, al calcio. Questa Nazionale di Prandelli cosa ha in comu­ne con la Roma? «Anche qui conta il possesso palla, il palleggio, la ricerca del gioco, della qua­lità. E siamo alla ricerca di una nuova generazione, dopo quella vincente, fat­ta di giocatori eccezionali. Sì, ci sono si­militudini tra Roma e Italia».

Se le chiediamo un paragone tra Pran­delli e Luìs Enrique? «Difficile, perché con uno lavoro tutti i giorni, con l’altro solo saltuariamente. Ma entrambi sono giovani nell’approc­cio e amano far giocare bene al pallone. Luis lo conosco da due mesi, per capir­lo bene dovrò aspettare, ma le sensazio­ni sono positive».

Come sta vivendo De Rossi questa lun­ga vigilia pre derby? «Essere qui mi aiuta, anche se prima degli ultimi derby ero tranquillo. E’ la testa che ti aiuta. Se non fai bene il tuo dovere, compresa l’alimentazione, non ce la fai».

A Roma dicono che lei ha trovato mag­giore equilibrio anche nella vita priva­ta. «La mia vita privata va benissimo, ma andava bene anche quando davo le go­mitate i.n campo. Vi assicuro che era la stessa vita. Piuttosto non sentivo più tanta fiducia intorno a me».

Ci sarà pure qualcosa di diverso in lei… «Semplice. Questa estate mi sono ope­rato all’orecchio. Dunque niente spiag­gia, niente mare. Mi sono allenato, da solo, senza personal né palestra come ha scritto qualcuno».

Intanto qui in azzurro è arrivato anche Osvaldo«Lui sta facendo bene, adesso ha più fi­ducia in se stesso e la gente in lui».

E se le chiediamo di un possibile ritor­no di Totti in Nazionale? «Francesco non tramonta mai, per lui valgono i discorsi fatti per Nesta. E’ sta­ta una decisione sua e dell’allenatore. Tornare per una partita non è da lui, ma l’idea di un rientro potrebbe essere una nuova sfida».

A proposito di sfide: può essere giudica­ta così quella di Montolivo, rimasto a Firenze, e ora addirittura minacciato, via web«A me pare che la cosa sia gestita bene. Riccardo non è stato messo fuori rosa, gioca sempre. Chi lo vuole insultare al­lo stadio può farlo, chi vuole può applau­dirlo. E vi assicuro che non bisogna es­sere a fine contratto per ricevere gli in­sulti ».

Certo ci sono strani momenti, per un calciatore. Ha letto lo sfogo di Ibra? «Condivido quello che dice: meglio fi­nire e essere rimpianti che mandati via dopo due anni di sopportazione. Per esperienza non è facile. Io ho iniziato molto presto. Mi dicevano: vedrai, il fuoco che hai ti passerà. Ma io arrivavo per primo agli allenamenti, calciavo, correvo. Ora ci metto di più… a carbu­rare. Ma la voglia è la stessa».

Uno che sembra divertirsi da matti ora è Cerci. «Alessio sta davvero molto bene. E’ cambiato, se ci parli, te ne accorgi. E di­ventato uomo, non più un ragazzo pro­digio che non si laureava mai all’univer­sità del calcio».

Sembra predestinato all’azzurro. Intan­to però andate a Belgrado senza mezza squadra… «Non sono preoccupato ma mi spiace per Pazzini, Criscito e Balotelli».

Che Serbia-Italia sarà? «Una partita vera, importante, resa complicata dalle difficoltà ambientali».

Augurandoci di non rivivere un’altra notte come quella di Genova. «Quella sospensione fu uno choc. Però sono sicuro che andrà tutto bene. Certo, il Maracanà di Belgrado lo conosco, ci sono stato contro la Stella Rossa. Sarà caldo! Ma loro giocheranno con grinta, ma senza picchiarci. Non dobbiamo aspettarci violenza, sarebbe sbagliato».

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